Lavori utili? Sì, ma nessuna amnistia

Le parole del ministro Angelino Alfano suonano rassicuranti. Il progetto della «messa in prova» - ossia di lavori socialmente utili in alternativa al carcere per gli incensurati cui è mossa l’accusa di reati minori - non vuol essere né un’amnistia né un indulto. Il fine della novità, garantisce Alfano, è opposto. «Basta alla sospensione condizionale della pena gratis. Chi ha causato un danno alla società dovrà ripararlo lavorando, altrimenti niente condizionale». Tutto chiaro allora? Mica tanto, si direbbe, se da politici del centrodestra vengono inviti alla riflessione.
La proposta del Guardasigilli muove da problemi urgenti della giustizia italiana. Il primo è che le carceri «scoppiano», e che il dissennato indulto approvato quando Prodi era al potere ha solo per breve tempo svuotato i penitenziari, presto ripopolati, e dato campo libero a molti professionisti della criminalità. Il secondo è che la lentezza con cui la legge agisce porta spesso e volentieri i processi alla prescrizione. Si tratta dunque da una parte di evitare il sovraffollamento delle carceri, e dall’altra di assicurare una ragionevole e pronta espiazione delle pene minori. Altre grandi democrazie hanno adottato, con vario successo, provvedimenti analoghi.
È abbastanza grottesco che in uno dei suoi tanti giri di valzer la sinistra, tradizionalmente votata al perdonismo, si scopra d’improvviso rigorista. Ma alcune obbiezioni opposte in entrambi gli schieramenti all’idea di Alfano mi sembrano fondate, e anche condivisibili. Scorrendo l’elenco dei reati - con pena massima fino a quattro anni - per i quali sarebbe consentito di scambiare la galera con la ramazza dello spazzino o con il càmice dell’infermiere, ne trovo alcuni particolarmente odiosi.
Mi muovo con difficoltà, da profano, nel labirinto delle aggravanti e delle attenuanti in forza delle quali la prigione c’è o non c’è. Ma la corruzione, la truffa, i maltrattamenti e l’uccisione di animali, la pornografia minorile non mi sembrano robetta da liquidare obbligando il colpevole a faticare un po’, e quindi licenziandolo con una pacca sulla spalla. Può darsi che io abbia interpretato male le notizie. Ma ritengo che i cittadini vogliano essere tranquillizzati. Gli impuniti della malaamministrazione o gli esperti del raggiro in danno di persone indifese o gli investitori che non hanno soccorso le vittime debbono affrontare l’eventualità - meglio se è la certezza - d’un soggiorno in cella.
A questi motivi di dubbio ne aggiungo un altro.

Poiché quasi tutto, nella versione burocratica, s’ingigantisce o si annulla, temo la nascita d’un costoso organismo gonfio di dirigenti per la «messa in prova»; e temo egualmente che la «messa in prova» diventi una burletta, che nessuno controlli davvero se i lavori socialmente utili sono stati fatti, e che in definitiva ci vadano di mezzo soprattutto gli stracci. Se il progetto sarà varato e se le previsioni negative saranno smentite, onore al ministro Alfano. Avrà realizzato un miracolo.

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