Libano, i gruppi di Al Qaida volevano attaccare l’Unifil

Gli estremisti palestinesi legati all’ideologia di Al Qaida stavano preparando attacchi contro i caschi blu dell’Onu nel sud del Libano. La missione Unifil, di cui fanno parte 3mila soldati italiani, è uno degli obiettivi delle cellule di Fatah al Islam. Un gruppo terroristico che dal 20 maggio sta combattendo duramente contro l’esercito libanese nel campo profughi di Nahr al Bared, nel nord del Paese dei cedri.
Le rivelazioni sono giunte da fonti giudiziarie di Beirut e riguardano gli interrogatori a cui sono stati sottoposti 32 militanti di Fatah al Islam catturati dalle forze di sicurezza libanesi, da quando è scoppiata la crisi. Quattro di loro avrebbero confessato che i caschi blu non solo erano un obiettivo, ma che si stavano preparando attacchi con autobomba e kamikaze nel sud del Libano per colpire la missione dell’Onu sotto comando italiano. «Nel corso del loro interrogatorio, alcuni membri di Fatah al Islam hanno riconosciuto che uno dei principali scopi del gruppo è attaccare militarmente l’Unifil», hanno aggiunto le fonti libanesi. Il folle piano puntava a coinvolgere in un’escalation militare i 12.700 caschi blu dispiegati a sud del fiume Litani, provenienti da Francia, Turchia, Spagna, Belgio, Indonesia e altri Paesi.
Gli arrestati sono stati inquisiti dalla giustizia militare con accuse di terrorismo e rischiano la pena di morte. Molti sono stati catturati mentre fuggivano dall’assedio del campo palestinese di Nahr al Bared, ma altri sarebbero stati intercettati mentre cercavano di penetrare in Libano o si dirigevano verso sud. Fra questi non ci sarebbero solo palestinesi e libanesi, ma pure volontari della guerra santa internazionale provenienti dai Paesi del Golfo. Le forze di sicurezza libanesi hanno smantellato questa settimana una cellula di Al Qaida che preparava attacchi con macchine minate arrestando otto persone. Nove iracheni, con falsi passaporti romeni, sono stati fermati al confine siriano, mentre cercavano di entrare in Libano. Diversi militanti di Fatah al Islam compreso il suo fondatore, Shakir al Abssi, hanno combattuto contro gli americani in Irak al comando dell’ex primula rossa del terrore Abu Musab al Zarqawi. Le autorità libanesi starebbero studiando l’ipotesi di non concedere più i visti d’ingresso all’aeroporto di Beirut ai cittadini arabi, nel tentativo di prevenire l’infiltrazione di possibili terroristi.
Proprio ieri l’ambasciatore spagnolo a Beirut ha confermato che il contingente di Madrid «è da un certo tempo in stato di allerta». Per questo motivo, ha aggiunto il diplomatico, ai militari spagnoli è stato ordinato di limitare le uscite dalle loro basi. «La soglia di attenzione è sempre stata alta, ma in questo momento non c’è una percezione di pericolo», dichiara al Giornale il colonnello Fabio Matiassi, portavoce dei caschi blu italiani, in gran parte paracadutisti della Folgore. In ogni caso il livello di allarme è passato da verde, il più basso, a giallo, quello intermedio. «Eravamo al corrente delle minacce di Fatah al Islam e di altri gruppi terroristici e le abbiamo prese in debita considerazione», spiega il maggiore Diego Fulco, del comando Unifil.

«Seguiamo con attenzione gli avvenimenti nei campi palestinesi in Libano per capire se ci possono essere dei riflessi che ci riguardano, ma al momento nella nostra zona è tutto tranquillo», sottolinea Fusco. Il problema è che gli scontri con gli estremisti si sono già estesi al sud del Libano e potrebbero attecchire vicino ai caschi blu italiani.

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