Licia, tutta casa e ospedale, vola in Europa

«Niente, in casa non è rimasto niente! Sarà un mese che non riesco a fare la spesa», si scusava lei. L’ora di pranzo era passata e Renzo, suo marito, confermava silenzioso, con lo sguardo rivolto al cielo e serenamente rassegnato di chi di quel «vuoto» già sapeva. Altro che velina, com’era stata liquidata per la sola colpa di essere una bella donna! Domenica mattina, Licia Ronzulli, manager ospedaliera, 34 anni da compiere, chioma e sguardo mediterranei, candidata Pdl al Parlamento europeo, circoscrizione Nordovest, sembrava piuttosto una qualsiasi sciura milanese senza pace di fronte all’ospite inatteso: per il disordine che regnava in casa, per le piante del terrazzo scaravoltate da una buriana improvvisa, e infine anche per quella dispensa desolatamente vuota.
La sua agitazione era però anche un’altra, più che legittima, da euroesordiente: «Vedrò Strasburgo?». Sì, la vedrà, ora è ufficiale. Ma quell’attesa, quasi 48 ore col fiato e il cuore in sospeso tra un oggi conosciuto e un possibile domani tutto da scoprire, non è stato facile nasconderla. Né con il marito premuroso che le ha portato la colazione a letto; né con papà Ignazio, ex maresciallo dell’Arma o con mamma Maria impiegata delle Poste; né con l’amica parlamentare Mariarosaria Rossi, volata da Roma a darle sostegno; e nemmeno con gli amici di sempre e i collaboratori del team elettorale. Figurati con un giornalista piombato in casa! Hai voglia a sorridere!
Questa è la cronaca di quell’attesa, iniziata con il panico di una dispensa ridotta a grissini e minerale. Eppure il piatto non ha pianto, al terzo piano di questo condominio di viale Ca’ Granda. In soccorso a Licia ha provveduto una consolidata e italica istituzione - i vicini di casa - materializzatasi nelle persone di Anna e Gianni D'Agostinis, inediti re magi recanti una fumante zuppiera di orecchiette al pomodoro. Come Licia, hanno sangue pugliese. A «smascherarli», le eloquenti tracce lasciate: perfetta cottura al dente e dose di peperoncino da manuale, appena un tocco gentile, quel che basta per «scaldare», come dicono gli chef che ci mettono il cuore.
È trascorsa così, scandita da spezzoni di vita casalinghi, tutt’altro che mondani, la cronaca di un sogno di un giorno di inizio estate. Eccola qua, in jeans e maglietta, la Licia che avevano raccontato come la fisioterapista di Berlusconi, quel Silvio che in realtà era stato testimone di nozze del marito. A quelle voci, Licia sembra non farci più caso, quasi a riderci su. Ma a giudicare dal tipo tosto quale appare e quale tutti quelli che la conoscono bene assicurano essere, dovrebbe piuttosto iniziare a preoccuparsi chi quelle cose ha detto e scritto. O ridetto e riscritto, vizi ancor peggiori perché figli del copia-e-incolla, comoda scorciatoia di un cattivo giornalismo, più che di un giornalismo cattivo.
«E dire che le luci della ribalta non le ho mai viste. Le sole che conosco sono quelle delle sale operatorie, che ho iniziato a frequentare non ancora ventenne, e l’ho fatto poi per anni, prendendo servizio ogni mattina alle 7». Fatica vera, mica lustrini. Strumentista, addetta ai ferri chirurgici, diploma conquistato alle serali dopo aver finito di lavorare come infermiera perché a casa anche quei soldi facevano comodo. Eppure... «Eppure la calunnia è un venticello... ma piantiamola lì, non merita rivangare», riesce a tagliare corto lei, che da quattro anni dedica le vacanze al progetto «Sorriso nel mondo», una onlus che cura i bambini del Bangladesh.
Ieri, mentre il cellulare continuava a trillare, portando voci e messaggi scritti di incoraggiamento, la candidata del Pdl sembra fissare due grandi lettere metalliche, una «L» e una «R», appoggiate sul mobile tv. «No, non è megalomania - aveva assicurato ridendo, quasi intuisse la domanda -. Certo, potrebbero essere anche le mie iniziali, ma stanno invece per Licia e Renzo». Ovvero lei e suo marito, conosciutisi a San Siro nel 2002 - era un Milan-Roma finito 1 a 0 - scoprendo che due cuori battono meglio se sono entrambi rossoneri.
E per loro è stato calcio anche l’altra sera. Niente San Siro, ma roba semplice e ruspante come il passaggio in Promozione dell’Arconatese, squadra del paese eletto da Licia a suo quartier generale elettorale. È finita ai rigori, 5 a 4, vittoria al cardiopalma contro il Calvenzano. Roba da festeggiare alla buona, pasta, affettati e vino, riservando il poco fiato rimasto in gola per incoraggiare le ultime ore d’attesa di Licia. All’improvviso, un invito al silenzio.

Da un cellulare messo in viva voce e tenuto alto sulle teste, è uscito un inatteso «Eccomi, un abbraccio a tutti voi che siete lì». Era proprio lui, il Cavaliere. E all’osteria Il Buongustaio, in quel di Arconate, 6mila brave anime lombarde, è venuta giù la sala. Ed è partita spontanea una «comanda»: «Cameriere, champagne!».

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