L'identità cristiana non sta in un partito

In gioco, oggi, è anche il futuro della politica, ossia se l'Italia potrà contare su istituzioni funzionanti in grado di decidere con rapidità ed efficacia, oppure se tornerà ad incartarsi nei barocchismi dei gruppi e partiti. L'alternativa riguarda la scelta tra il rafforzamento del sistema binario (per cui una parte vince e governa, e l'altra perde e fa l'opposizione) e il trasformismo parlamentare che produce paralisi. È in questa ottica che vanno visti i tentativi di riproporre una forza centrista di ispirazione cristiana, sotto forma dell'Udc di Casini o della «Rosa bianca» di Tabacci e Pezzotta.

Senza entrare nel merito delle proposte programmatiche, è evidente che i neocentristi bianchi hanno l'obiettivo di ricreare una situazione nella quale una forza al centro del sistema politico-parlamentare diviene arbitra degli equilibri e del governo del Paese. Il progetto va contro l'unica rivoluzione politico- istituzionale che si è compiuta nella seconda Repubblica, con il progressivo modellarsi di un sistema fondato su due parti tra loro alternative. Una trasformazione che solo ora può andare a compimento con la formazione di due partiti - Partito democratico e Partito della libertà - che si presentano agli elettori con una chiara fisionomia per archiviare le estenuanti mediazioni di coalizione che hanno avvilito la nostra democrazia.

È un'illusione pensare di potere tornare a un passato in cui la Dc, come forza centrista e centrale di ispirazione cristiana, poteva fare il bello e il cattivo tempo pur di mantenere il potere. Non c'è più la Guerra fredda; il Partito comunista è superato; l'alternanza è divenuta non solo possibile ma anche auspicabile; e il nuovo sta proprio nell'affrontare i problemi con l'efficienza istituzionale del bipartitismo. I due errori di Udc e Rosa bianca si chiamano «centrismo» e «identità cristiana».

Gli italiani vogliono scegliere chi li governa e detestano i gruppi centristi che rimettono nelle mani dei partiti la scelta di chi li deve governare. Lo si è visto nelle elezioni amministrative e regionali con la buona scelta bipolare di sindaci e governatori. Lo si è visto nello sdegno che ha investito la politica quando si è incagliata sui giochi parlamentari che hanno impedito ai governi, non importa di quale colore, di prendere decisioni. Ed è altrettanto anacronistico riproporre un partito unitario che rappresenti l'identità cristianocattolica. Anche in Italia, come in altri Paesi europei, i cattolici con la varietà delle loro tendenze, si sono distribuiti in tutte le formazioni, a destra come a sinistra. Questo è il fatto nuovo, non lo schema teorico, che ha contribuito a laicizzare l'intera politica italiana, quale che sia l'intensità di adesione ai valori della Chiesa che ciascun politico e ciascun elettore porta individualmente con sé.

L'unità politica dei cattolici e il partito cinghia di trasmissione della Chiesa sono ormai reperti archeologici. L'identità cristiana non può essere rinchiusa in un partito.

È stato saggio Berlusconi quando ha sostenuto che sui temi etici, così cari al mondo cattolico, una forza liberale non può che lasciare libertà di coscienza. È solo su questo orizzonte che si intravede un avvenire positivo per un sistema politico democratico che non guarda all'indietro verso una realtà, certo importante in passato, ma oggi improponibile.

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