L'inedita Colette che sbarca in libreria con «Cane e gatto»

Donzelli ha dato alle stampe un volume mai pubblicato in Italia. E' un testo del 1904 uscito solo in inglese e francese. In un dialogo immaginario i due modi di intendere la vita, vista da un bulldog e da un siamese

«Sì, vabbè, me ne rendo conto da solo, il mio nome non sarà poi il più originale ma cosa ci posso fare, me l'ha affibbiato la mia creatrice, Colette. Massì, la scrittrice. E poco importa se da allora, era l'anno del Signore 1904, in Italia nessuno mi ha letto. Già, di edizioni ce ne sono state tante, ma solo in francese, noblesse oblige, e inglese. Per questo arrivo solo adesso, e scusate il ritardo, sugli scaffali italiani. Ah, pardon, dimenticavo, lasciate che mi presenti: mi chiamo Toby e sarei un cagnolino. Per la precisione un bulldog, uno di quelli un po' così, che quando certi uomini non ricordano il nome della nostra razza dicono che sì, siamo quelli che hanno fatto un frontale contro un tir. Per questo forse non ispiriamo troppa simpatia, colpa probabilmente anche di quel nome inglese che, tradotto, starebbe per cane-toro, significati zero e perplessità tante.
«Ebbene, io vivo con Kiki, un micio soriano, nobile e altezzoso. Vero sangue blu, quattrozampe raffinato, mica un ruspante tipo il sottoscritto, insomma. Insieme siamo appunto "Cane e gatto" come ci ha pensati e scritti Colette e come ci ha pubblicati Donzelli editore (pp. 156, 12 euro) con disegni e disegnini a raffigurare, per i più ostinati, i nostri stati d'animo di una vita insieme. Mi chiedete se litighiamo spesso? No, macchè. Qui cane e gatto sono i due diversi modi di vedere la vita, mica la zuffa non stop 24 hours. Kiki, ad esempio, vede le cose dall'alto, vive praticamente appollaiato sulla libreria di casa e volge verso terra l'occhio suo nobile e misericordioso. Talvolta un po' stizzoso, anche. Con quell'aria di pigra sufficienza verso i poveri mortali.
«Io? No io sulla libreria non vado mai. Ho anche qualche chiletto di troppo, come si conviene a un bulldog che si rispetti, o comunque a un cane in generale. Sono un goloso, io. E poi, sono malato. Sì, sono malato di coccole. E se andassi là sopra potrei star certo che... addio carezze! Lei non verrebbe mai fino lassù per una cara e io non posso permettermelo. A Lei perdono tutto anche di non raggiungermi in certi posti. Oddio, dimenticavo, Lei è la mia Due-Zampe preferita, con la quale vivo. C'è anche un Lui, ma quello è amico di Kiki. A Lei, dicevo, perdono tutto, anche la tortura del bagnetto. Un'autentica sofferenza. Mica come Kiki, che più gli danno più lui pretende. Però che gioia quando si parte, è la mia piccola vendetta. Già perché io sarò pure al guinzaglio, ma lui finisce in gabbietta. E sempre con quel solito, ambiguo trucchetto del bocconcino per farcelo entrare. Poi il treno che scarrozza velocemente, soffia, sbuffa, si ferma e riparte. E Kiki sempre là nella gabbietta mentre io mi godo il calore umano dei suoi piedi. Suoi, di Lei s'intende.
«Anche in questo la vediamo al contrario: a me stare sbattuto in terra non fa effetto, lui Kiki, un vero lord, preferisce luoghi più nobili. Perfino più eleganti. L'ultima volta mi ha detto: "Tu lecchi le cose più disgustose per strada". L'ho corretto: "Si chiamano schifezze". E ho aggiunto: "Quel che proprio non capisco sono i tuoi attacchi isterici alla vista delle rane morte o di quell'erba lì...". Niente da fare, la Valeriana, al mio amico Kiki, proprio non va giù. E pensare che io la uso come purga. Mica male. E che sonni beati. Però su una cosa la vediamo allo stesso modo e ci diamo manforte, pardon, zampa-forte: il temporale. L'ultima volta che è arrivato, lui soffiava ipocondriaco al solito modo. Poi in un attimo avrebbe voluto togliersi la pelliccia, scappare nudo, rincantucciarsi chissà dove. L'acqua, che schifo! E che paura, tuoni e fulmini! Non che a me andasse poi diversamente: mi farei tagliare le orecchie a strisce piuttosto che uscire in quei momenti.

Sì, perché io almeno un po' meglio di Kiki sto; a me, se non altro, il rumore della pioggia distende i nervi, sono quegli scoppi improvvisi... Proprio non li mando giù. In quei momenti a lui non si può nemmeno parlargli. Sbuffa iracondo e sempre con la solita sufficienza, vero Kiki?»
«Miaaao!».

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