La lobby dei banchieri

È piena estate e, oltre alla discussione sul Libano, sono pochi i temi di cui i poveri giornalisti agostani possano discutere. Non stupisce dunque che l’intervista al Corriere della Sera, molto puntuta politicamente, di uno dei migliori banchieri italiani, Piero Modiano, direttore generale del San Paolo, sia oggetto di particolare interesse. Se parla Giuseppe Mussari, che ieri ha detto la sua sul Corriere, non ci si sorprende più di tanto: il presidente del Monte dei Paschi, pur avendo rivelato anche ottime qualità da banchiere, ha una storia da dirigente del Pci poi Pds, Ds che lo ha portato prima alla Fondazione e poi al Monte. Peraltro proprio le sue qualità di politico lo spingono a non prendere sul Corriere posizioni troppo caratterizzate e imbarazzanti. Modiano, invece, al di là delle convinzioni politiche mai nascoste, è un banchiere-banchiere, di livello e con primari compiti esecutivi. Quando senza molte perifrasi attacca Mario Monti, su un punto su cui peraltro ha ragione (il rapporto tra lobby e governo Merkel), la cosa non può che fare molto rumore.
Enrico Cisnetto sul Foglio, con qualche prudente perifrasi, spiega «l’attacco» come un segnale di apertura di forti settori del San Paolo a Intesa. Questa chiave di letture delle posizioni di Modiano sottende un’interpretazione della campagna per il governo tecnico da parte di Monti, evidentemente guidata da Paolo Mieli, come ispirata dagli ambienti (ampi settori di Mediobanca e Unicredit) che resistono alla troppo stringente egemonia bazoliana (Abi, Consob, autostrade) così sostenuta da Romano Prodi. Quando Monti dice meno potere alle lobby, in molti leggono meno potere alla lobby di Banca Intesa. In questo caso quando Modiano sostiene che nei governi di grande coalizione finirebbero per contare anche lobby che ormai pesano poco, i più maliziosi vedono un accenno se non a Unicredit almeno a Mediobanca.
Shakespearianamente parlando si potrebbe parlare di fantasmi di mezza estate. Ma perché lasciare divertire solo gli addetti ai lavori con questi schemi e controschemi? Che comunque un elemento di riscontro lo trovano sicuramente nella battaglia per le autostrade, dove i banchieri che puntano sulla politica come Giovanni Bazoli stanno prevalendo (senza escludere che abbiano dalla loro anche qualche ottima ragione) ai banchieri come Alessandro Profumo, che puntano di più se non sul mercato (che nel settore abbondano troppi monopoli per invocarlo) senza dubbio sul capitale privato.
Il fatto è che la continua debolezza della politica, l’inceppamento della costruzione di due grandi forze nazionali a destra e a sinistra che consentirebbero di attenuare i giochetti dei vari centri d’influenza, alimenta l’iniziativa di ambienti extrapartitici.

Le banche e i banchieri per il loro stesso lavoro di analisi e di pianificazione strategica, hanno una competenza assai affine alla politica. E in carenza di soggetti legittimi possono finire per surrogare funzioni non proprie. Succede. Non senza qualche danno collaterale.

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