L'ultima, fatale corsa di Fred Buscaglione il "duro di Torino"

Il 3 febbraio 1960 l'artista rientrando da una serata in un locale romano muore finendo contro un camion con la sua decapottabile lilla. Insieme a Sordi a Carosone, aveva ironizzato sul sogno americano

L'ultima, fatale corsa di Fred Buscaglione il "duro di Torino"

«Ancora un paio di anni e poi mi ritiro» annuncia in un'intervista apparsa sulla Stampa Sera a metà dicembre 1959. Il «ritiro» avviene invece molto prima e nel modo più drammatico: mentre rientra dopo una serata in un locale a Roma, la sua Ford Thunderbird color lilla sbanda e finisce contro un camion. È il 3 febbraio 1960, muore così Ferdinando «Fred» Buscaglione, entrando però nella leggenda, come tutti gli artisti morti giovani. Ancora adesso infatti, persone nemmeno nate quando il musicista era nel pieno della popolarità, canticchiano «Eri piccola» o «Sono Fred dal wiskhey facile». Motivetti allegri e disimpegnati, che tuttavia riescono a dare il perfetto quadro sociale dell'Italia prossima al boom economico e dei suoi miti.
Buscaglione, dopo una lunga gavetta, si impone al pubblico nazionale solo a metà degli anni Cinquanta, in un Paese che sta faticosamente uscendo dal dramma della guerra. Un Italia in bianco e nero, ancora mezza distrutta, con alti tassi di disoccupazione e analfabetismo ma che con l'arrivo degli americani scopre un altro mondo. Fatto di jeans, di duri sempre con il bicchiere in mano e la sigaretta all'angolo della bocca. Gli italiani, soprattutto giovani, impazziscono per la moda, il cinema e la musica portata da soldati stelle e strisce. Basti pensare all'irruzione di Nando Mericoni, l'«ammaracano» che fa il bagno nudo in una roggia come Tarzan e viene poi processato per oltraggio al pudore in «Un giorno in pretura» del 1953. O «Tu vuò fa l'americano» lanciato da Renato Carosone nel 1956. E in questo filone si inserisce il suo primo 78 giri «Che bambola», con il quale nel 1955 il cantante torinese fa un botto da quasi un milione di copie.
Buscaglione è dunque finalmente arrivato, dopo una corsa iniziata ancora alla fine degli anni Trenta. Nato infatti a Torino il 23 novembre 1921, manifesta subito gran passione per la musica tanto da entrare a 11 anni al conservatorio Verdi della sua città. Lasciati gli studi regolari dopo tre anni, inizia prestissimo a esibirsi nei locali notturni. Partito militare durante la guerra, viene assegnato a una guarnigione in Sardegna dove inizia a organizzare spettacoli. Catturato dagli americani continuerà a cantare per le truppe dello Zio Sam. Poi il ritorno a Torino e l'inizio di una carriera fatta di locali di second'ordine e night club. Fondamentale il suo incontro con Leo Chiosso, con il quale scriverà le sue canzoni più ironiche. I due vivono nello stesso condominio, alla sera si ritrovavano sul balcone a fumare, bere wiskhey, improvvisare versi e motivetti. Ma deve aspettare oltre dieci anni prima del successo di «Che bambola». Poi cinque, brevi intensi anni di incredibile popolarità, anche perché la vena creativa di Buscaglione sembra inesauribile. Continua a sfornare «dritti di Chicago» che avevano avuto «Al capone come padrino», erano cresciuti dala madre «a wiskhey e gin» e insieme a «Jimmy lo sfregiato/ sette banche ha svaligiato/nello spazio limitato di un mattin». Oppure duri che per incontrare una ragazza devono fare a pugni con «Buck la Pasta, Jack Bidone coi fratelli Bolivar mentre, sotto a un lampione, se la spassa Billy Carr». Ovviamente finisce con «sei mascelle rotte».
Inevitabilmente per lui si aprono anche le porte di Cinecittà dove si impone con i suoi baffetti alla Clark Gagle e il sorriso mascalzone. Interpreta dieci film tra il 1959 e il 1960, l'ultimo «Noi duri», girato insieme a Totò, deve ancora uscire nelle sale, quando l'Italia apprende con sgomento della sua morte. All'alba del 3 febbraio 1960 mentre rientra in albergo dopo un'esibizione in un night di via Margutta, attraversando i Parioli, la sua fuori serie decapottabile finisce contro un camion. L'autista tenta di soccorrerlo insieme a un metronotte e a un passante. Fermano un autobus per portarlo in ospedale, dove però l'artista arriva privo di vita. Qualche giorno dopo, Torino verrà letteralmente paralizzata dal suo funerale, seguito da decine di migliaia di persone.
Buscaglione è stata una sorta di meteora nel firmamento della canzone e del costume italiano, ma la traccia del suo passaggio non si è ancora spenta. Uomo spiritoso, ironico ma anche molto intelligente e sensibile ai gusti del pubblico, negli ultimi tempi fa una brusca virata, lasciando un genere ormai esaurito, per percorrere nuove strade. Lancia canzoni romantiche come «Guarda che Luna», «Non partir», «Love in Portofino».

Ma capisce ormai che il pubblico vuole cose nuove: stanno infatti irrompondo sulla scena musicale gli «urlatori» alla Tony Dallara e alla Joe Sentieri. «Tra due anni smetto» annuncia a Stampa Sera. Non fa in tempo a mantere la promessa.

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