L'ultima trovata dei narcos: la droga sciolta nei tappeti

Andres «il chimico» è riuscito a farla franca. Era lui, questo venezuelano di 49 anni, che gestiva la raffineria di droga di una grossa organizzazione di trafficanti di stupefacenti - cocaina e hashish - in un anonimo appartamento milanese di via Gulli, nel cuore di San Siro. Un «giro» solo apparentemente low profile. Dietro al quale si nascondeva una banda con ramificazioni in due continenti che, grazie alla droga, gestiva flussi finanziari illeciti (poi utilizzati in vari tipi di investimenti) da parecchi zeri. Il compito del chimico - secondo gli investigatori dei carabinieri della compagnia di Sesto San Giovanni (gruppo di Monza) e del nucleo antiriciclaggio di Roma - era quello di recuperare la cocaina liquida di cui erano imbevuti i tappeti inviati in Italia dai narcos colombiani, tagliarla (qui la droga arrivava pura al 95 per cento, ndr) e dividerla in panetti da rivendere a diverse bande milanesi attive nei quartieri di Affori, Lorenteggio, Tessera e, soprattutto, a Cesano Boscone.
L'indagine - chiamata «Pollicino» perché durante le indagini un corriere dell'organizzazione, nel trasportare 6 chili di cocaina in uno zaino e a bordo di uno scooter, aveva perso la droga per strada e riusciva recuperarlo seguendo le tracce di parte della sostanza dispersa sul selciato - è stata condotta tra l'aprile 2007 e il settembre 2009. E ieri ha portato a eseguire 58 ordinanze di custodia cautelare e 65 perquisizioni tra Milano e hinterland, quindi nelle provincie di Varese, Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona, La Spezia e Reggio Calabria. Uomini e donne, perlopiù italiani se si eccettuano alcuni francesi e spagnoli, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi, ricettazione e riciclaggio transnazionale.
Capi dell'organizzazione erano due pregiudicati per reati legati alla droga, Giuseppe Scordo, 34 anni e il 47enne Antonello Fanutza. I due capi banda, per l'accusa sarebbero stati «i promotori dell'organizzazione nonché acquirenti degli ingenti quantitativi di cocaina» direttamente dai narcos di Bogotà. Tra gli indagati figurano anche il 42enne Sergio Giovinazzo e suo padre 62enne Francesco di 62 anni, entrambi pregiudicati originari della Locride, da tempo residenti in provincia di La Spezia.

Sergio è ritenuto uno «stabile fornitore di cocaina dalla Spagna» mentre il padre era specializzato nel riciclaggio e nel reimpiego dell'ingente flusso di denaro proveniente dal traffico di droga. Almeno 2 milioni di euro sarebbero transitati da Francia e in Svizzera per poi finire in una finanziaria di San Marino, tornando così in Italia.

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