L'ultimo dispetto di Prodi Porterà lui l'Italia al voto

Il fallimento di Marini lo mantiene alla guida dell'esecutivo, sia pure per l'ordinaria amministrazione. E sul tappeto c'è ancora oltre una sessantina di nomine negli enti pubblici

L'ultimo dispetto di Prodi 
Porterà lui l'Italia al voto

Roma - Caldo, sole, mare. La voglia di una vacanza ai Tropici, dopo il gelo della caduta. Magari di un blitz all’ombra delle piramidi, come Sarkò con Cecilià. Ma è durato poco, pochissimo, il sentimento della rassegnazione per Romano Prodi e il suo staff. Il ritorno (metaforico) a Palazzo Chigi segna così il senso di una rivincita, in barba a chi aveva sognato di eliminarlo per sempre dalla vita politica, e persino inadatto a condurre il Paese alle elezioni.

Elezioni, e non altro, come il premier aveva con puntiglio sempre dichiarato prima della crisi. Senza smentirsi clamorosamente il giorno dopo, comei vari Veltroni, Franceschini, Bindi e compagnia bella. Après moi, le deluge: Romano aveva fatto proprio l’egotico motto di Luigi XV e in tanti glielo avevano rinfacciato nei giorni della civetta. Eppure, per il Pd e l’Unione ridotta come la ex Jugoslavia, questo oggi accade: facile immaginare il sorriso dell’Orso mandato troppo presto in pellicceria.Romanonon molla, non l’ha mai fatto, e si prepara ai primi atti dell’ordinaria amministrazione in attesa di costruirsi nuovi orizzonti. Oggi l’indizione del referendum («un atto dovuto»), che dovrà poi essere firmata da Napolitano. Nei prossimi giorni, la scelta della data per il voto, sia pure entro i paletti indicati dal Quirinale e dal Viminale. Poi le benedette nomine degli enti pubblici: «Quelle proprio indispensabili, e dialogando con l’opposizione», promette il portavoce Silvio Sircana, che pure aveva smentito l’opportunità la settimana scorsa, in evidente (ma transitoria) crisi di sfiducia. Per le società quotate in Borsa, fa sapere Palazzo Chigi, si sta lavorando a una possibile seconda convocazione dei Consigli di amministrazione per giugno. Sarà governo zoppo, «ma è il mio governo», dice l’orgoglio del Professore. Una sessantina di giorni «seduti sopra un bidone di benzina pure vuoto», confida uno stretto collaboratore. Ma non mancherà qualche soddisfazione morale (e materiale).

Edopo? Prodi non si ricandiderà né alla Camera né al Senato: non ha mai smentito ciò che aveva detto all’inizio della legislatura («Sarà l’ultima»). Vuole stare alla finestra, e lo farà anche durante la campagna elettorale: il profilo paraistituzionale assunto dalla sua permanenza a Palazzo Chigi (comeaveva chiesto l’opposizione) gli dà un solido alibi per aderire a quanto vuole Veltroni. Cioè un «profilo basso» («sobrio» per i prodiani) che cerchi di marcare una «discontinuità» del Pd rispetto alla fallimentare esperienza di governo, a quell’Unione che Prodi vagheggiava come «inseminazione della cultura di governo nelle forze di sinistra così da fare blocco». Tentativo che «si è rivelato utopico, anche se la crisi è arrivata da destra: ma evidentemente la coperta era troppo corta», ammette oggi un altro esponente dello staff.

Se il Professore ciclista continuerà a pedalare, allora, sarà per «inseminare » il prodismo nel Pd (per lui è un valore aggiunto), dare battaglia, eventualmente preparare altre scalate ostili. Una, quella al Quirinale, è stata precocemente svelata dal suo consigliere più intimo, Angelo Rovati. «Potrebbe essere un buon presidente della Repubblica: chi meglio di lui, dopo Napolitano? », ha dichiarato a un settimanale, aggiungendo apprezzamenti per la «genialità» di Berlusconi e censure per «l’improvvida decisione di Veltroni di far correre il Pd da solo». Ammissioni talmente schiette su quello che si agita nell’animo ferito di Romano, da richiedere l’imbarazzata nota ufficiale di Palazzo Chigi: «Le affermazioni del dottor Rovati non corrispondono in alcun modoné al pensiero, né ai progetti del presidente del Consiglio».

Cui è attribuita una pacata irritazione per le parole dell’amico: «Se permettete, il futuro è mio e me lo gestisco io!», avrebbe sbottato. Ma con il tonico Ciclista in circolazione sono in tanti a non vederlo roseo, il loro futuro.

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