Il lungo volo di D’Annunzio da Gardone a New York

Sembrava condannato all’esilio dorato nella penombra della villa di Gardone Riviera dove abitò gli ultimi 17 anni della sua vita, deponendo le vesti di anima inquieta, avvezza ai traslochi, per costruire attorno al suo mito una piccola città-museo. E invece, a più di 70 anni dalla morte, Gabriele D’Annunzio torna a viaggiare. Lo fa attraverso una mostra itinerante - Life like a work of art, La vita come un capolavoro –, in corso a New York per spostarsi poi ad Atene, Tokyo e in molte altre capitali del mondo, che raccoglie oggetti, ritratti e fotografie appartenuti al Vate durante la permanenza al Vittoriale. Il “regista” dell’ambizioso progetto è lo storico Giordano Bruno Guerri, da due anni presidente della cittadella di Gardone con la mission, riuscita a pieni voti, di rilanciare sulla scena mondiale la casa d’artista più visitata d’Italia.
«Da tempo – spiega Guerri - pensavo a un progetto che potesse rinfrescare la celebrità internazionale di D’Annunzio, e insieme sottrarlo alla falsa fama di poeta protofascista e decadente. Così, ho ideato una grande mostra da esportare nel mondo che fosse una sintesi del Vittoriale». In pochi mesi, affidandosi all’istinto di segugio d’archivi, ha rispolverato soprammobili, svuotato armadi, rintracciato carte perdute, selezionato opere e manufatti che più di altri recassero le impronte dell’esteta e del suo vivere inimitabile. Il risultato della “caccia” è oggi esposto alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University, diretta da Stefano Albertini (fino al 15 dicembre), in un percorso articolato in tre sezioni. Nella prima si illustrano le arti e le imprese del poeta-soldato e i passaggi fondamentali della sua biografia. Sculture e ritratti dell’arbiter elegantiae sono al centro della seconda sezione, compresi un modellino dell’aereo Sva con la mappa nautica del volo su Vienna del 1918 e un filmato d’epoca che permette di “spiare” lo scrittore in villa e di sentirne la voce.

Infine un omaggio a Eleonora Duse, che proprio in America, a Pittsburgh, morì nel 1924. Oltre al busto velato che Gabriele conservava sul proprio tavolo da lavoro, sono esposte alcune foto di scena di tragedie dannunziane da lei interpretate, con le recensioni d’epoca di giornali anglosassoni.

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