Il luogo comune della Chiesa «sessuofobica»

Ruggero Guarini

Ma la Chiesa ha davvero ancora oggi troppa paura del sesso? E ne ha mai avuto veramente tanta anche in passato? Siamo inoltre davvero sicuri che il sesso, nella storia dell’Occidente, abbia trovato proprio in lei il suo principale nemico? Ho la non troppo vaga sensazione che a credere fermamente in questi sdruciti luoghi comuni siano rimasti, da noi, soltanto tre gruppi umani: i radicali laicisti, il proletariato gay e le teologhe femministe. Lasciamo perdere i primi e i secondi e parliamo delle ultime.
Poco so delle teologhe femministe. Ancora meno so di quelle che, pur appartenendo (suppongo) alla stessa pattuglia teologica, all’aggettivo «femministe» preferiscono il meno pugnace «al femminile». Ne so così poco che sulle loro idee sul tema sesso & chiesa non avrei mai saputo niente se per caso, seguendo un talk-show televisivo, non mi fosse recentemente accaduto di assistere a un gustoso tête-à-tête fra un’eminentissima esperta del ramo e il mio amico Giuliano Ferrara. Durante il quale la prima ha più volte ripetuto che la Chiesa è sempre stata «sessuofobica», e sotto sotto lo è tuttora. Mentre il secondo ha preferito lasciarla dire, riservandosi di spiegare sul Foglio, come ha fatto alcuni giorni fa, che a suo avviso il sesso è una cosa di cui non è affatto irragionevole avere un po’ di paura.
Ferrara ha ragione due volte. Ha ragione, in primo luogo, perché il sesso è una faccenda così inquietante che non soltanto la Chiesa ma persino quegli scellerati erotòfili dei pagani avvertirono il bisogno di raffigurarne i tratti più pericolosi in racconti abbastanza allarmanti come la nascita di Afrodite, il ratto di Proserpina, Amore e Psiche, Diana e Atteone, Apollo e Dafne e tantissime altre fiabe insieme incantevoli e terrificanti. E ha ragione, in secondo luogo, perché non è affatto vero che la paura del sesso abbia trovato, in tutta la storia dell’Occidente, le espressioni più ottuse e feroci nella Chiesa e nel mondo cattolico, che in certe fasi della loro storia arrivarono ad accettare tranquillamente persino il ritorno degli antichi dèi, rigorosamente nudi, nella letteratura, nell’arte e persino nelle chiese (si pensi a quel glorioso peana alla carne che è la pittura del Rinascimento).
Le ha trovate nella cultura e nel mondo borghese dell’Ottocento, che com’è noto videro nel sesso - non del tutto a torto - un elemento che abbandonato a se stesso avrebbe potuto ostacolare la nascita e il successo del capitalismo industriale, sottraendo energie a quel lavoro che era ormai diventato il vero dio del secolo - un dio per certi aspetti molto più feroce di tutti i suoi predecessori - e perciò doveva essere condannato, domato e represso con uno zelo speciale.
Ecco perché tra la fine di quel secolo e l’inizio di quello successivo le scoperte freudiane suscitarono tanto scandalo ed ebbero al tempo stesso tanto successo.

Lo scandalo e il successo sarebbero stati certamente molto meno clamorosi se quelle scoperte non fossero arrivate alla fine di un’età in cui la paura del sesso e la decisione di reprimerlo (per motivi che niente hanno a che fare con la religione e la chiesa) avevano raggiunto un’intensità parossistica. E sarebbero stati minimi, se non addirittura derisori, se Freud avesse potuto esporre le sue teorie a un teologo dei primi secoli, magari a sant’Agostino, che sull’eros e sul sesso la sapeva più lunga di lui.

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