Maccari, un Feudo che incanta

C i sono luoghi che tolgono le parole, anche quando le parole sono necessarie, come se devi scrivere un articolo, questo articolo. Feudo Maccari ha la fortuna e la condanna di trovarsi in uno di quei luoghi là, nell'angolo più meridionale della Sicilia, tra lo splendore barocco di Noto, la campestre Pachino e quella piccola Camargue subtropicale che è la riserva di Vindicari. Fortuna, c'è da spiegarlo? Condanna perché tutto ciò che esce da questa terra non può essere meno che magifico, che siano i pomodori Igp, le croccanti mandorle di Avola, gli spettacolari dolci di Corrado Assenza del Caffè Sicilia al centro di Noto. Oppure i vini di questa azienda che è stato un atto di amore da parte di Antonio Moretti Cuseri, imprenditorie del tessile innamorato del vino (sua la Tenuta Sette Ponti, nell'aretino) e di questo pezzo d'Italia alla latitudine di Tunisi.

Moretti è un tipo che non fa le cose tanto per farle. Che senso avrebbe? Quando a fine anni Novanta mette gli occhi su queste terre vulcaniche, segue il consiglio del vivaista francese Gilbert Bouvet che lo spinge a puntare forte sul Nero d'Avola, il vitigno rosso che proprio in quegli anni sta rinascendo. Moretti decide di coltivarlo ad alberello per una lettura filologica del terroir. Nasce così il Saia, un grande rosso siciliano che affina in rovere francese e poi si acquieta in bottiglia, un vino sontuoso, dagli aromi di liquirizia, di spezie e dalla bocca elegante e complessa. Gli altri vini Feudo Maccari sono il Nero d'Alvola «base», il Syrah Mahâris, il Grillo in purezza e il Rosé che intercetta la moda enologica del momento.

I vini li abbiamo riassaggiati in occasione di una cena

organizzata in azienda con alcuni dei designer arrivati da tutto il mondo a Ortigia per Made Labs, la «summer school» sulla conservazione e l'autenticità dei luoghi patrimoni dell'umanità. Bello e buono vanno sempre a braccetto.

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