Macchinisti, il mobbing sotterraneo

Daniele Petraroli

A cinque giorni dal tragico incidente nella metro A restano ancora misteriose le cause del tamponamento. Quel che sta venendo alla luce, però, è il «sistema» che regola il lavoro all’interno dell’azienda di trasporti capitolina. Niente di illegale, chiariamolo subito. O meglio i dirigenti di Met.Ro. non ordinano esplicitamente ai macchinisti di infrangere le regole di sicurezza. Il metodo usato è più sottile e, proprio per questo, forse, più pericoloso, per dipendenti e utenti. Ne parliamo con Roberto Proia, sindacalista del Sult e macchinista sulla ferrovia Roma-Pantano.
Partiamo dal disastro alla fermata Vittorio. La metropolitana è sicura?
«Sì, senza dubbio, sui convogli ci sono strumenti per lavorare in sicurezza. Il materiale è buono, però...».
Però cosa?
«Però il problema sono le persone che ci lavorano».
Si spieghi meglio.
«Prendiamo l’esempio della metro. Il Dct controlla il traffico e non vuole far perdere le corse previste dal contratto di servizio. Così in caso di ritardi, condizione normale, si mette in contatto con il macchinista e lo esorta a sbrigarsi. Il risultato è che tra macchinisti e dirigenti (anche delle ferrovie ex-concesse Roma-Pantano, Roma-Lido e Roma-Viterbo), ci sono liti continue. Si pensi che il nuovo contratto prevede sulla linea A 50 corse in più».
Dunque sono i dirigenti a chiedere di forzare i tempi anche oltre i limiti imposti dalla legge?
«No, non è così. Loro non dicono esplicitamente, per esempio, sulla Roma-Pantano di superare il limite dei 50 km all’ora, però per recuperare i ritardi cercano una “collaborazione forzata”, chiamiamola così, da parte dei manovratori. Per chi lavora è uno stress psicologico notevole. Tutto per recuperare i tempi necessari a rispettare il contratto di servizio».
Ma come esercitano questa pressione sui macchinisti?
«Semplice. Magari non ti danno le ferie richieste o ti assegnano i turni peggiori. O ancora non ti fanno fare carriera».
Teoricamente regolare, ma si rasenta il mobbing.
«Lo sta dicendo lei, però è così che funziona il “sistema”».
Eppure Met.Ro. predispone controlli per evitare le forzature del servizio. Dov’è la convenienza per un macchinista della Roma-Pantano a superare i 50 all’ora se poi viene sospeso per non aver rispettato i limiti?
«Il controllo è a campione. Non succede sempre. Così un manovratore preferisce accollarsi il rischio pur di non avere problemi con i dirigenti. E la sicurezza di tutti va a farsi benedire. Anche perché in una tale situazione psicologica non è facile guidare sereni. In più bisogna dire che si è costretti a ripartire senza pause dopo essere arrivati al capolinea. Nemmeno per un caffè o andare in bagno».
Ma per quale motivo i dirigenti pressano così tanto i sottoposti?
«Posso ipotizzare che dipenda dal contratto di servizio. Se rispettato ci sono premi di produzione per tutti...».


Soluzioni?
«Basterebbe non fare recuperi a tutti i costi. Anche perché il ritardo è già dichiarato in partenza. Non è possibile fare servizio coi minuti che ti danno. Noi macchinisti vorremmo solo lavorare in tranquillità e sicurezza».

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