Scandalo De Pasquale: la toga sotto processo confermata al suo posto

L’aggiunto sotto accusa per il caso Eni: guiderà uno degli uffici più importanti per altri 4 anni

Scandalo De Pasquale: la toga sotto processo confermata al suo posto

La situazione è imbarazzante, e imbarazzante resterà per anni. A guidare uno degli uffici più delicati di uno degli uffici giudiziari più importanti d’Italia resterà per altri quattro anni un magistrato che nel più importante dei suoi processi recenti si è dimostrato non imparziale. Di più: un magistrato che per il suo comportamento in quel processo è finito indagato, rinviato a giudizio ed è attualmente sotto processo. In molti uffici pubblici un funzionario in quella situazione sarebbe stato, nel suo stesso interesse, destinato ad altro incarico. Ma l’ufficio di cui si parla è la Procura della Repubblica di Milano, e qui tutto è possibile.
Il magistrato è Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto, reso famoso da due processi che hanno segnato la storia della Procura milanese: quello a Bettino Craxi e a Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni morto suicida a San Vittore, e il processo a Silvio Berlusconi peri diritti tv. Nell’ultima parte della sua carriera, De Pasquale è tornato a scavare a testa bassa contro l’Eni, incriminando i vertici del colosso di Stato in tre processi finiti tutti in nulla. Alla fine dell’ultimo, che ruotava intorno alle presunte tangenti versate dall’azienda in Congo, sotto processo è finito invece lui, De Pasquale: accusato di avere tenuto nascosti gli elementi che sbugiardavano il suo testimone principale, l’ex avvocato di Eni Vincenzo Armanna, e che dimostravano la falsità di alcune prove importanti. De Pasquale è stato rinviato a giudizio davanti al tribunale di Brescia, il processo contro di lui per rifiuto di atti d’ufficio comincerà il prossimo 22 giugno.
A fare di De Pasquale una sorta di ircocervo, destinato a indossare contemporaneamente i panni di accusatore e accusato, è la decisione del Consiglio giudiziario di Milano, il parlamentino delle toghe milanesi, che era chiamato ad esprimersi sulla richiesta di De Pasquale di continuare per altri quattro anni a rivestire la carica di procuratore aggiunto. Una richiesta che De Pasquale aveva avanzato quando, probabilmente in buona fede, era convinto di uscire rapidamente incolume dall’inchiesta contro di lui.
Istanza non revocata quando invece i colleghi bresciani lo hanno rinviato a giudizio. De Pasquale attualmente guida il pool «corruzione internazionale» della Procura milanese, in questa veste coordina inchieste importanti come il filone italiano del Qatargate che vede indagati nomi eccellenti del Partito democratico. Che questo ruolo non fosse incompatibile con lo status di imputato lo aveva già sostenuto il suo nuovo capo, il procuratore Marcello Viola, che aveva espresso parere favorevole alla sua riconferma con toni assai positivi. E l’altro giorno il Consiglio giudiziario si adegua: quanto accaduto nel processo Eni dimostra che De Pasquale in quel caso non fu imparziale, ma si tratta di un neo trascurabile in una carriera impeccabile.

L’ultima parola spetta al Consiglio superiore della magistratura: che però ha già dimostrato come la pensa su «Depa» sospendendo tutti i procedimenti disciplinari a suo carico fino a quando il processo che lo vede imputato non sarà finito in tre gradi di giudizio. Decisione inconsueta, ma stiamo parlando di un’icona.

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