Una malattia blocca la crescita

Scienziati di tutto il mondo a Busto Arsizio spiegano come affrontare questa rara patologia genetica infantile

È una malattia genetica rara ma non rarissima (un caso ogni diecimila nuovi nati) e rappresenta la seconda causa di ritardo mentale dopo la sindrome di Down. Colpisce quasi esclusivamente le bambine che - arrivate al primo o al secondo anno d’età - perdono ogni «abilità». Si chiama Sindrome di Rett ed è nota dal 1983. La professoressa Nicoletta Landsberger - che insegna Biologia molecolare all’università dell’Insubria - la colloca tra le malattie dello sviluppo neuronale: si riducono notevolmente le sinapsi e ciò porta le bambine verso gravi deficit, cognitivi e della mobilità; in qualche caso si hanno crisi epilettiche. Col progredire della malattia diventa difficile respirare e perfino mangiare. Sono rari gli esiti mortali ma il disagio di chi soffre e delle famiglie dei malati è notevole.
A Busto Arsizio, si è tenuto il primo meeting europeo sulla Sindrome di Rett organizzato dall’università dell’Insubria e dall’Associazione Prorettricerca (0386-66.252)che riunisce i genitori delle piccole pazienti. La signora Rita Bernardelli - che presiede quest’associazione - ha invitato i ricercatori di tutto il mondo ad accelerare i tempi per trovare la terapia più efficace. La speranza arriva da una ricerca condotta (per ora solo sui topi) dal professor Adrian Bird di Edimburgo. Egli ha dimostrato che in molti casi i sintomi della malattia possono regredire.
A Busto Arsizio, Bird ha spiegato che la terapia genica potrà risolvere in futuro molti problemi legati alla sindrome di Rett (il primo risultato, quello più atteso, è la conferma che non solo nei topi ma anche nella specie umana è possibile far regredire i sintomi della malattia). Non solo: questa ricerca dovrebbe portare anche a curare pazienti affetti da altri disturbi neurologici del tipo autistico.
Specialisti di tutto il mondo hanno partecipato a questo incontro: in primo piano la fondazione americana Rett syndrome research, che da quasi dieci anni finanzia progetti scientifici internazionali di grande respiro (la ricerca del professor Bird ed altre).
I relatori sono stati venticinque: italiani, americani, canadesi, israeliani, inglesi, tedeschi, scozzesi, irlandesi, francesi, austriaci.

Si è parlato molto di coordinare gli studi condotti sulla malattia attraverso un gruppo di lavoro internazionale. Presto si stabiliranno scambi di esperienza tra l’Europa (dove già esiste questo tipo di collaborazione) e il resto del mondo.

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