«Maledetta gita, ho visto morire Sara e Fra»

Loro sono tornati. E ora piangono e si abbracciano nel cortile della scuola dove erano partiti due giorni fa per una gita a Ventotene. «Sara e Francesca non torneranno più», dice piangendo una ragazzina. Rientro anticipato a bordo di un pullman della Finanza per gli alunni della III E e della III A della scuola media Anna Magnani di Morena dopo la gita maledetta che è costata la vita a due compagne, due amiche, stessa classe, stesse passioni da adolescenti.
Nel cortile dell’istituto l’abbraccio con i genitori, dopo una giornata di ansia e dolore esploso a metà mattinata con le urla strazianti della mamma di Sara Panuccio. «Ditemi che non è lei, non può essere», si dispera mentre si ferisce ad un braccio sbattendo i pugni contro una vetrata. Suo marito è seduto in disparte su un muretto, fuma una sigaretta dopo l’altra, con lo sguardo perso nel vuoto. I genitori di Francesca Colonnello soffocano il dolore in un silenzio composto. Nel pomeriggio, tutti insieme, si imbarcheranno su un elicottero e andranno a riprendersi le figlie in una bara. Gli altri genitori assistono alla strazio, telefonano ai figli, corrono da una parte all’altra in cerca di notizie. «Sara e Francesca non ci sono più, le ho viste morire sotto le rocce», urla un ragazzino al telefonino parlando con il papà. «Voglio tornare subito a casa, qui non voglio stare, maledetta gita», dice un’alunna alla mamma. La tensione si scioglie nel tardo pomeriggio, quando gli studenti arrivano a scuola, accompagnati dagli psicologi che non li hanno mai lasciati soli. Sono tutti commossi, pure gli insegnanti. Lacrime, abbracci, applausi per Sara e Francesca nella palestra dove il preside tiene un discorso. Tra loro c’è anche Riccardo, 13 anni e già la morte negli occhi. É uno dei ragazzi feriti, è ancora sotto shock. Ha una vistosa fasciatura ad una gamba perché è stato colpito da un masso, ma dopo un ricovero lampo nell’ospedale di Latina è voluto tornare lo stesso a scuola per salutare i compagni rientrati dalla gita. «Le ho viste morire davanti ai miei occhi - racconta - proprio mentre stavo per tuffarmi in mare».
Tanto dolore anche a Ventotene, dove sono stati proclamati tre giorni di lutto. L’operatore portuale Antonio Gargiulo è stato il primo a scavare per cercare di salvare le ragazze: «Ho sentito un tonfo e poi gridare, piangere ed urlare un gruppo di ragazzini sulla spiaggia. Ho capito che era successo qualcosa di grave e ho cominciato a correre. Sono arrivato in spiaggia e ho trovato un uomo, credo un professore, che stava scavando accanto a una ragazza coperta di tufo fino a metà busto. Vicino ce n’ era un’altra seppellita. Ho cominciato a scavare con le mani, a dare pugni perché il tufo è abbastanza friabile. Finchè non l’ho trovata, è stata una sensazione incredibile.

La visione di una bambina di 13 anni morta è fuori da ogni immaginazione. Semplicemente perchè non deve morire. Era seppellita, completamente, la testa schiacciata. E quando ho visto che non c’era più niente da fare, mi sono rimesso accanto a quella coperta fino al busto».

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