La mamma di Hina: «Mia figlia non era una brava musulmana»

nostro inviato a Brescia
«Mia figlia non si comportava come una brava musulmana». Somiglia ad una sentenza e può persino sembrare una giustificazione per ciò che di terribile è accaduto, quel pomeriggio di metà agosto, in un paesino del Bresciano. Forse non si aspettavano queste parole ma aspettavano lei, la madre di Hina, il tassello mancante, che magari, se lo augurano in tanti, aiuterà a ricostruire nelle prossime ore quel dannato puzzle di follia e integralismo spinto all’esasperazione.
Così i carabinieri, nella caserma di Villa Carcina, sono stati i primi ad ascoltare la verità di questa donna, che dice di aver appreso la notizia dell’uccisione della figlia su segnalazione di alcuni parenti che l’avevano scoperta in Internet e di aver capito, quindi, che avrebbe fatto meglio a rientrare in Italia. Fatto sta che Bushra Begun, 46 anni, la madre di Hina, era in Italia già da due giorni, ma solo ieri si è saputo che venerdì si è presentata ai carabinieri, di ritorno dal Pakistan. Dove si era recata o era stata costretta a recarsi dal marito, circa tre settimane fa, assieme alle altre donne e ai più piccoli componenti della sua famiglia, che abitava nella casetta a tre piani di Sarezzo, in Val Trompia dove la ventenne è stata giustiziata e sepolta dai tre maschi più anziani del clan: padre, zio e cognato. «Voglio denunciare mio marito per ciò che ha fatto a Hina» sono state le prime parole pronunciate dalla moglie di Mohammad Saleem, presentatasi spontaneamente nella caserma dei carabinieri a pochi chilometri dal luogo del delitto. Una denuncia che Bushra Begun avrebbe voluto fare perché, ha spiegato «da noi, in Pakistan si usa così, si deve fare una denuncia». Poco importa se, come le hanno spiegato i militari prima di interrogarla, in Italia, per reati così efferati, come quello commesso da suo marito, si procede d’ufficio. Ma poi, quando quella madre dall’espressione impenetrabile, si è seduta e ha cominciato a parlare, una conversazione, più che un vero e proprio interrogatorio a quanto pare, protrattasi per circa due ore, sono uscite dalla bocca di Bushra Begun parole sconcertanti. La donna avrebbe negato che il marito Muhammad Saleem, attualmente nel carcere di Canton Mombello con il cognato Mohammed Tarik, fosse violento con la figlia ed ha smentito che avesse abusato di lei. Quanto alla figlia Hina avrebbe detto e ripetuto più volte «che non si comportava da brava musulmana. Che non seguiva i precetti coranici».


Aspettava Bushra Begun, e continuerà forse ad aspettarla per un pezzo, visto che gli investigatori non gliel’hanno fatta incontrare ma hanno preferito portarla al sicuro in una struttura protetta, l’avvocato Alberto Bordone, legale di Muhammad Saleem, il marito, in carcere con la pesante accusa di aver sgozzato la figlia Hina perché «era troppo occidentale negli usi e nei costumi». «Anche la difesa - reclama il legale - pretende di ascoltare la verità».

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