La manifestazione per Cucchi si trasforma in guerriglia urbana

RomaÈ iniziato al grido di «assassini» e si è concluso con cassonetti rovesciati e dati alle fiamme il corteo organizzato dai centri sociali di Roma per chiedere la verità sulla morte di Stefano Cucchi, il giovane morto in ospedale sei giorni dopo essere stato arrestato per il possesso di una minima quantità di droga.
Disordini senza gravi conseguenze, per fortuna, che pure la stessa famiglia Cucchi aveva invitato ad evitare. Era stata la sorella del giovane deceduto, a manifestazione in corso, a chiedere ai partecipanti di restare calmi, dissociandosi «da qualsiasi gesto sconsiderato» ed esprimendo la sua solidarietà alla polizia che cercava di tenere a bada i facinorosi. «Qualsiasi gesto fuori dalla norma può compromettere la situazione, non può essere la violenza a farci giustizia», l’appello di Ilaria Cucchi, che però non è servito a impedire qualche incidente. Il corteo - composto da alcune centinaia di persone tra giovani dei centri sociali, amici e familiari della vittima - è partito nel pomeriggio dal parco degli Acquedotti Alessandrini, ha attraversato via di Tor Pignattara e si è concluso in via Ciro Urbino, sotto casa del ragazzo, illuminata da una fila di torce. Già prima del via i primi tafferugli, con alcune bottiglie di vetro lanciate contro i blindati delle forze dell’ordine. «Stefano Cucchi, non si può morire così. Basta vite spezzate dalla violenza dello Stato», recitava lo striscione di apertura. Slogan piuttosto espliciti sono stati gridati con il megafono per tutto il tragitto. Uno tra i tanti: «È stato ucciso dallo Stato, è l’ennesima vittima della stagione della repressione italiana». Tra le mani dei partecipanti un volantino con parole prese in prestito da una nota canzone di Fabrizio De Andrè: «Non la morte ma due guardie bigotte mi cercarono l’anima a forza di botte». In strada, tra i tanti, c’è Francesca, un’amica del quartiere: «Era un ragazzo normale - racconta - l’hanno messo in prigione per due canne ed è uscito morto. Tutto questo non può rimanere impunito». A fine corteo ancora momenti di forte contestazione nei confronti delle forze dell’ordine: alcuni cassonetti sono stati bruciati e oggetti, tra cui due grossi petardi, lanciati verso la polizia, che per disperdere i manifestanti ha lanciato dei lacrimogeni.


A fine giornata un nuovo appello della famiglia Cucchi: «Vogliamo verità e giustizia per Stefano e per tutti noi. E proprio per questo Stefano non deve essere per nessuno né un eroe, né un modello, né un motivo di odio o violenza. È solo una vittima».

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