Anche per un fanatico amante di Margareth Thatcher, che non si è perso, o credeva di non essersi perso, una riga della sua biografia, il libro di Elisabetta Rosaspina sulla Lady di ferro - Margaret Thatcher. Biografia della donna e della politica (Mondadori, 2019) è una piacevole sorpresa. Intanto è scritto divinamente, il che non è poco. E poi è asciutto, pulito, depurato dalle considerazioni entusiastiche tipiche di noi quattro fan liberisti, ma anche da quelle, ben più insopportabili, dei numerosi critici del giorno dopo.
Vi devo confessare che la parte che più mi ha interessato è quella della sua vita da ragazza. Della figlia del droghiere, ma mica tanto derelitto, della città di provincia, che si faceva cucire i vestiti dalla mamma. È la storia dell'Inghilterra a cavallo della guerra. L'affresco della sua campagna e della sua provincia, così diversa dalla nostra. È la descrizione della formidabile voglia di ottenere un ruolo nella partito conservatore. Si raccontano le due prime sconfitte nel collegio duro e laburista e i primi flirt. Il corteggiamento del ricco agrario di provincia, che poi Margareth riuscirà a far sposare alla sorella. La sua scelta tra due potenziali mariti di città, e le sue indecisioni, tra amore e calcolo. Fieramente femminista, ma non per le quote rosa, per il merito che non veniva riconosciuto alle donne.
Le sue due prime rilevanti uscite pubbliche furono un articolo sul ruolo delle donne e una legge sulla difesa della libertà di stampa. Un genio. Due temi che oggi potrebbero, a torto, sembrare appannaggio della grande chiesa progressista, e che la Lady di ferro, stupendo allora tutti, fece sue. E poi la seconda laurea in Giurisprudenza: «Si concentrò sul diritto societario, si convinse che le leggi, prima ancora della democrazia, caratterizzano le società libere».
E poi finalmente il matrimonio, due gemelli e la sua grande chance: «Si sta per liberare un posto nel collegio di Finchley» l'aveva informata nella primavera del '58 Donald Kaberry dall'ufficio centrale del partito. Finchley era una roccaforte dei conservatori, una dozzina di chilometri a nord di Londra, ma era stata indebolita dalla reputazione antisemita di alcuni di loro, implicati nell'esclusione di soci ebrei dal club di golf locale. A quel punto si temevano contraccolpi alle urne. Il 14 luglio 1959 Margaret battè per tre preferenze il suo avversario interno».
Fu quella la prima di una serie di occasioni in cui una parte del suo partito provò ad ostacolarla: il consiglio esecutivo non votò all'unanimità per la designazione di questa giovane donna. Sbagliarono: «A 33 anni, era una delle 25 deputate, tra cui dodici conservatrici, che entravano a Westminster, e sicuramente la più giovane e graziosa».
Dopo vent'anni le cose non erano cambiate. Sciopero dell'acciaio, disoccupazione, sondaggi pessimi e le critiche dei suoi colleghi conservatori: «Non poteva, insomma, accontentarsi di essere stata la prima donna a capo di un governo europeo? Aveva già ottenuto un posto nella Storia e ben più del quarto d'ora di celebrità di sua spettanza. Il 10 ottobre 1980, al Congresso annuale dei Tory, a Brighton, Margaret era attesa da un'acida resa dei conti. Oltre la metà dei convenuti sperava di vederla alzare bandiera bianca e magari versare qualche lacrima di inadeguatezza».
Ovviamente non avvenne. La Signora di ferro ce la fece, anche se il suo più forte alleato fu quel generale argentino che gli servì su un piatto d'argento prima la battaglia e poi la vittoria alle isole Falkland. Ma questa è un'altra storia.
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