Marzorati in campo a 54 anni per salvare Cantù

Francesco Rizzo

Pomeriggio del sabato a Castelletto Ticino, c'è Francesco Marzorati, 17 anni, figlio di Pier Luigi, che gioca nel Como juniores. Di basket, si penserà, visto che il padre, regista mani d'oro e cervello fino, ha brillato ventidue stagioni in serie A, vincendo due scudetti e dodici trofei internazionali, tutti con Cantù. E invece no, Francesco è calciatore, «perché non è altissimo - spiega il padre, seduto in tribuna - ma è fisicamente tosto, ha buone gambe e quando la capacità di allenarsi si sposa con le motivazioni giuste, ci si forma come atleti e come uomini». E magari, a 54 anni, l'età di Marzorati senior, si spolvera la maglia numero 14, appesa al soffitto del palasport come spetta solo agli uomini-simbolo e si torna in campo per una partita di A. Accade oggi alle 12 (diretta Sky Sport 2) a Cantù, nella sfida con i campioni d'Italia di Treviso: per stabilire un record, quello di aver giocato ad alto livello con la stessa squadra in cinque decenni consecutivi, Marzorati entrerà sul parquet per qualche azione.
«È uno dei modi per celebrare i 70 anni di questo club - racconta l'ex-azzurro, argento olimpico 1980 - ma ho accettato a patto che la mia presenza abbia un valore proiettato sul futuro». In vari modi. «Far parlare di Cantù, aiutando la società nella ricerca degli sponsor. Risolvere il rebus del nuovo palasport cittadino: c'è una struttura costruita da 17 anni, mai terminata, 19 miliardi di vecchie lire buttati. È da ripensare come centro polifunzionale, sportivo, fieristico, legato all'economia della zona. E, infine, riaprire il college...». Ovvero la foresteria, chiusa da una decina d'anni, dove Cantù ospitava e faceva studiare i suoi giocatori del futuro, simbolo di una cittadina della Brianza che ha raccolto quindici scudetti giovanili. Il primo, nel 1968, con i punti di Marzorati, che un anno dopo avrebbe debuttato in A. «Prima partita contro l'Eldorado Bologna. Andavo ancora al liceo: ricordo le mille domande dei compagni di classe il mattino dopo». Da allora, il Pierlo è stato un simbolo del basket europeo e di un modo di crescere oltre i canestri, con la laurea in ingegneria conseguita scappando dopo le partite perché «domani ho lezione». Poi lo stop, nel 1991: «Avevo già detto, guardate che abbasso la saracinesca e getto la chiave».
Macché. In luglio l'ingegnere è montato in bici per farsi Forte dei Marmi-Carrara, andata e ritorno, 45 chilometri. «Il fisico ha risposto bene e allora ho cominciato a darci dentro: alimentazione più curata, un'ora e mezza di palestra tutti i giorni, otto chili persi. Ma un amico che mi ha rivisto ieri dopo anni mi ha detto: quanto sei ingrassato...». Ma il valore, qui, non è il fitness, il record, l'amarcord, quanto la voglia di Marzorati di parlare al futuro.

È lui, ad esempio, che lavora al progetto della Lega Universitaria, un torneo nazionale tra atenei che leghi pallacanestro e studio: l'obiettivo è far partire il campionato alla fine del 2007. Forse, Pierlo dal campo, non è mai uscito.

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