Mastella sfida il Colle sulla grazia a Sofri

Paolo Armaroli

Non è la prima volta che il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, azzarda una previsione. Giusta o sbagliata che sia. Infatti il Guardasigilli ha dichiarato che, dopo le due concesse nei giorni scorsi dal capo dello Stato, a fine anno tornerà di attualità la vexata quaestio della grazia ad Adriano Sofri, condannato a ventidue anni di reclusione in quanto ritenuto corresponsabile dell’omicidio del commissario di pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Ma perché mai proprio a fine anno? Per il semplice motivo, si è argomentato, che proprio alla vigilia di Natale scade la sospensione della pena concessa all’ex leader di Lotta continua dopo l’operazione all’esofago.
Ora, i casi sono due. Mastella o, come ogni mago che si rispetti, si è dotato di una sfera di cristallo grazie alla quale riesce a leggere il futuro. O si fa un baffo di una discussa e discutibile sentenza della Corte costituzionale. La quale ha bellamente cancellato una consuetudine costituzionale affermatasi fin dai tempi dello Statuto albertino secondo la quale l’atto di grazia è un atto complesso che si perfeziona grazie al concorso di volontà del Quirinale e di via Arenula. E ha risolto il conflitto di attribuzione sollevato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nei confronti del ministro della Giustizia Roberto Castelli, che non intendeva dare il proprio avallo alla grazia a Bompressi, a favore del primo. Con il risultato che dal deposito in cancelleria del verdetto della Consulta quello di grazia è un atto formalmente e sostanzialmente presidenziale. La controfirma ministeriale, sia chiaro, è pur sempre necessaria. Perché così stabilisce l’articolo 89 della Costituzione. Ma non certifica più la volontà del Guardasigilli. Più semplicemente attesta la provenienza dell’atto presidenziale e la sua conformità all’ordinamento giuridico.
Sta di fatto che il primo corno del dilemma non ci convince. È mai possibile che un uomo di mondo come Mastella indossi i panni del mago e scruti il futuro con una sfera di cristallo tra le mani o meglio, da buon campano, interpretando i fondi della tazzina di caffè? No, non è possibile. D’altra parte non ci convince neppure il secondo corno del dilemma. È da escludere che un ministro della Giustizia degno di questo nome non conosca la giurisprudenza costituzionale. Tanto più che di Mastella tutto si potrà dire tranne che non sia un tipo sveglio che capisce le cose al volo. È altresì da escludere che prenda sotto gamba la predetta giurisprudenza. Del resto, Sofri non ha sollecitato la grazia. Perciò è stato il Quirinale, ma nella persona di Ciampi e non di Napolitano, a chiedere a suo tempo al ministero di via Arenula di istruire la relativa pratica. Ma l’istruttoria ministeriale non ha più l’importanza di una volta. Non a caso, all’indomani della sentenza della Consulta, al Quirinale è stato allestito un ufficio grazie. Oggi come oggi, nulla autorizza perciò a ritenere che Napolitano frigga dal desiderio di concedere un atto di clemenza nei riguardi di Sofri. Magari con l’aggravante della reiterazione dell’errore del maggio scorso, quando fu graziato Bompressi all'insaputa della vedova e dei figli del commissario Calabresi.
In Italia, però, una terza via non manca mai. Ed è ragionevole supporre che proprio su questa Mastella, astuto com’è, si sia incamminato. In accordo o no con il Quirinale, il Guardasigilli ha così lanciato un ballon d’essai. Per vedere, appunto, l’effetto che fa. Una carineria, diciamocela tutta, nei confronti del Colle. Con una conseguenza di sapore tipicamente pirandelliano.

Perché se con la sua controfirma il Guardasigilli si propone di coprire per così dire la Corona, ecco che si torna alla consuetudine di una volta. A riprova che gattopardescamente si doveva cambiare tutto perché tutto rimanesse come prima.
paoloarmaroli@tin.it

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