«La forza creativa di Silvio Berlusconi, il suo genio imprenditoriale, la costante correttezza dei comportamenti, la straordinaria umanità sono sempre stati patrimonio inalienabile della società, come delle aziende del gruppo. E tale patrimonio resterà alla base di tutte le nostre attività, che proseguiranno in una linea di assoluta continuità sotto ogni aspetto». Il comunicato di Fininvest, la holding fondata dal Cavaliere, ha confermato che le attività proseguiranno nella direzione fin qui perseguita. La nota ha, però, solo parzialmente smorzato l'ondata di acquisti sui titoli controllati dal gruppo del Biscione.
Ieri le azioni di MfE-MediaforEurope (già Mediaset) hanno guadagnato nella categoria A il 5,86% a 0,5 euro riducendo la distanza rispetto all'azione di categoria B (+2,32% a 0,70) alla quale sono assegnati 10 diritti di voto. Il rally nel corso della seduta aveva superato il 10% sull'ipotesi - puntualmente ricorrente - che gli eredi di Silvio Berlusconi possano optare per un progressivo disimpegno. Le stesse speculazioni non hanno riguardato Mondadori (+1,54%), né tanto meno la partecipata Mediolanum (+0,39%). A Fininvest, inoltre, fanno capo la totalità del capitale del Monza Calcio e del Teatro Manzoni di Milano.
Piazza Affari, come già nell'aprile scorso in occasione del precedente ricovero al San Raffaele, si è invaghita di questa idea che non ha un fondamento oggettivo. Senza un accordo con la famiglia Berlusconi, infatti, nessuna attività del gruppo può diventare oggetto di acquisizione o di semplice interesse da parte di investitori esterni. Il capitale di Fininvest è detenuto al 98% dalla famiglia Berlusconi (il 2% è rappresentato da azioni proprie) attraverso il fondatore (il suo 61% ora sarà appannaggio degli eredi), mentre i figli Marina e Pier Silvio Berlusconi hanno il 7,65% a testa. Gli altri tre figli - Eleonora, Luigi e Barbara - detengono il 21,4 per cento. Il portafoglio di partecipazioni in società quotate è composto da MediaForEurope (48,6 del capitale e 49,9% dei diritti di voto), Mondadori (53,3% e 69,5%)e Banca Mediolanum (30%), una quota che si muove «in sincrono, con il 41% detenuto dalla famiglia Doris.
A questo proposito Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum e figlio di Ennio, amico personale del Cavaliere, ha ricordato «con affetto l'imprenditore straordinario che ha creduto nel sogno di mio padre, il socio leale di sempre, sin dagli inizi gloriosi nel 1982 dell'allora Programma Italia. Ma oggi io avverto soprattutto il vuoto per la perdita anche di un grande amico personale, esempio unico nella storia italiana di imprenditorialità e leadership». Anche la madre del manager e azionista di Mediolanum, Lina Tombolato ha sottolineato che «mio marito Ennio, se fosse ancora qui, sarebbe addolorato come per la perdita di un fratello».
Insomma, il rischio di scalate ostili con questi assetti e con questa saldezza di rapporti è diventato minimo. Lo prova la querelle con il gruppo Vivendi che era salito fino al 29,9% della ex Mediaset nel 2016 e che dopo cinque anni di «guerriglia» ha stretto un'intesa che mette al riparo MediaforEurope. Non a caso ieri la famiglia Bolloré e il gruppo Vivendi hanno manifestato in una nota il loro cordoglio per «la perdita di uno straordinario imprenditore e uomo visionario: il contributo di Silvio Berlusconi al mondo dei media e il suo spirito imprenditoriale hanno lasciato un segno indelebile».
Costituire un'ipotetica minoranza di blocco in MfE o Mondadori si rivelerebbe un'operazione più costosa che efficace. La struttura stessa della holding Fininvest rende, di fatto, impossibile tentare la sortita dal piano superiore in quanto il totale controllo è nelle mani della famiglia Berlusconi.
Un assetto di questo tipo e la struttura della governance di Fininvest, presieduta da Marina Berlusconi (il fratello Pier Silvio è l'ad di MfE), rende impossibile qualsiasi tentativo di scalata che non passi necessariamente da un accordo con la famiglia. Ecco perché Fininvest ha potuto dichiarare che il business del gruppo proseguirà «in una linea di assoluta continuità».
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