In un'affascinante Parigi degli anni Trenta del secolo scorso Madeleine Verdier, giovane avvenente ma squattrinata attrice in cerca di fama, viene accusata dell'omicidio di un famoso produttore. Il maliardo avrebbe tentato approcci non proprio da galantuomo nei confronti della signorina, e frittata fu fatta. Lei si ribella. Si difende più che legittimamente e uccide il reprobo lumacone. Udite, udite. Siamo in anticipo di otto decenni su Metoo, Weinstein e compagnia briscola e già il settore dello spettacolo è afflitto da problemi vecchi quanto il mondo. Fatto sta che la povera - in tutti i sensi - Madeleine è soccorsa e aiutata da una giovane avvocatessa, sua compagna di alloggio e migliore amica, che la trasforma in martire, suggerendole di riconoscersi colpevole. Ma la verità, quella vera, verrà a galla.
Il lettore avrà già capito che non siamo di fronte a una trama originale e innovativa, anche perché è tratta da una pièce di Georges Berr e Louis Verneuil del 1934. Questo di François Ozon è dunque un riadattamento dal teatro e sfrutta tutti i legami possibili con l'attualità del XXI secolo e il dibattito infinito sulle attrici preda di produttori caimani. Evviva allora il femminismo un po' annacquato che al regista serve per completare un trittico e celebrare la nobile arte della sorellanza.
Mon crime è infatti l'ultima parte di una trilogia sulla figura femminile, avviata con 8 donne e un mistero e proseguita con Potiche - La bella statuina e, fra i tre, è il film meno bello e il più debole, anche se lo si guarda volentieri. A un patto: guai scavare nelle dietrologie. Il tono da thriller si mescola a quello della commedia e i panni da fustigatore dei costumi non sono assolutamente quelli di Ozon.
Pertanto il suggerimento è di godersi il film senza troppi patemi e soprattutto senza voler andare a cercare quello che espressamente non c'è. Come va il mondo - l'altroieri, ieri, oggi e domani - lo sappiamo tutti fin troppo bene per affidare le nostre speranze e la nostra candida ingenuità a un film che merita esattamente per quanto si vede.
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