Metti una sera a parlar di politica e spettacolo

Metti una sera a parlar di politica e spettacolo

Cominciano oggi con «Politica dello spettacolo, spettacolo della politica» - dialogo fra Luca Barbareschi e chi scrive - i «Lunedì del Giornale», in collaborazione con la Camera di commercio svizzera (ore 18,30, Centro svizzero, via Palestro 2).
Il titolo dell'incontro odierno potrebbe anche essere il sottotitolo dell'intera rassegna dei «Lunedì», ovvero interviste in pubblico con personalità di vari ambienti e di vari orientamenti.
Saranno insomma dei testa a testa, che nella forma vorremmo brevi e secchi e nella sostanza immuni dalla consuetudine di render semplicistico - non semplice - ciò che è complesso. Nessun problema degno di questo nome lo è.
Si comincia oggi con Barbareschi, artista dei più amati e odiati, perché ignora cautele e ipocrisie. È anche per questa personalità - oltre che per il talento e il rigore - che si è fatto valere non solo in Italia nel teatro, nel cinema e in tv. La sua dimensione è ormai più che artistica, eppure Barbareschi è diverso da Dario Fo, Beppe Grillo, Nanni Moretti e Pasquale Squitieri. Il suo modo di denunciare il declino nazionale è più sottile, composto, lucido. E la sua straordinaria maturità si è notata con la messa in scena del Trasformista, film che andrebbe proiettato nelle scuole, perché farebbe pensare e divertire i ragazzi; poi del Gattopardo, dove la Sicilia, alla sua ennesima invasione, allude all'Italia al suo ennesimo cedimento.
Per alternare le chiavi di lettura della contemporaneità, risalendo alle vere radici dei suoi miti, «I lunedì» proseguiranno il 25 febbraio (data da confermare) con la storica elvetica Renata Broggini, che negli archivi ticinesi ha visto ciò che altri non cercavano, più che non trovavano. È infatti lei l'autrice di Passaggio in Svizzera (Feltrinelli), il saggio sui mesi del 1944-1945 di Indro Montanelli nella Confederazione, opera che viene dopo Terra d'asilo. I rifugiati italiani in Svizzera (Il Mulino); La frontiera della speranza. Gli ebrei dall'Italia verso la Svizzera 1943-1945 (Mondadori) e Eugenio Balzan (Rizzoli).
Un «Lunedì del Giornale» con un'autrice della Feltrinelli a raccontare l'esilio del futuro (nel 1974) fondatore del Giornale stesso? Un «Lunedì del Giornale» a partire da un libro che il Corriere della sera non ha recensito?
Il fatto è che Renata Broggini è uno spirito libero. Locarnese che va avanti e indietro con Milano, serenamente immune dai conformismi salottieri, la Broggini incarna, oltre che una cultura, uno stile. Per i «Lunedì del Giornale», sul quale non ha mai scritto, lei è la figura giusta, perché i «Lunedì» si vogliono trasversali e disorientanti, se non imprevedibili. Di prevedibili manifestazioni a schieramenti opposti e rigidi rigurgitano le televisioni: non ne occorre un'altra. Al contrario, occorre un punto d'incontro e discussioni ideate non per ribadire, ma per rivedere.


Se la politica come estetica, prima che come spettacolo, è stata la cifra del Novecento, il 2000 ha bisogno di alternative al totalitarismo morbido, forma di repressione del pensiero meno cruenta solo perché così è più efficace. Infatti, quando c’è una repressione, reagire può venir naturale; non quando ci si crede liberi. E di solito è tardi, quando ci si accorge che si può dir tutto solo perché non serve a nulla.

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