
Luca Minichino è uno di coloro che si è preparato per ricevere il battesimo la notte di Pasqua. «Sono emozionato dall'inizio, ma queste ultime settimane sono state bellissime». Il 6 maggio compirà 45 anni, da dieci anni è sposato con Manuela e hanno due figlie di 6 e 8 anni.
Come è avvenuto il suo avvicinamento alla fede?
«È stata una conversione. Nato a Milano, i miei genitori venivano dai movimenti di sinistra e non mi hanno fatto battezzare. Mi hanno sempre detto, e io ho sposato questa loro posizione, che quando fossi stato grande avrei deciso liberamente. Sono stato tra i primi a fare l'ora alternativa alla religione, eravamo solo in due».
I genitori come hanno preso questa svolta drastica?
«All'inizio è stato un po' traumatico. I miei genitori si sono separati nel 1992, mio papà mi ha detto di essere contento che io avessi potuto deciderlo oggi. Con lui ancora oggi faccio fatica a parlare di questo, è un imprenditore molto concentrato sul lavoro e riesco a condividere poco la parte spirituale, non c'è una profondità di dialogo anche se abbiamo lavorato insieme per vent'anni. Con mia mamma parlo tanto e così ogni tanto discuto. Lei crede ma si è fatta una strada più sua».
Qual è invece la strada che si è fatto Luca?
«Da buon sportivo sono molto determinato. All'inizio del 2023, avevo fatto un'esperienza brutta col Covid, con tredici giorni di febbre e la paura di morire. Ho trascorso 47 giorni in cui ero solo in mansarda e mia moglie mi portava il piatto per mangiare. La mia vita è cambiata in quel periodo perché avevo imboccato una via spirituale, facevo corsi di respiro ma qualcosa rimaneva vuoto rispetto alle domande di senso, la vita, il destino, chi ci ha creato».
Che cosa è successo a questo punto?
«Ho iniziato a confrontarmi con il mio migliore amico. La direttrice dell'infanzia della Zolla, la scuola in cui avevamo iscritto le nostre figlie, quando parlava mi faceva vibrare il cuore, anche se non capivo bene. A quel punto la questione che esisteva un Dio Creatore mi ha un po' sconvolto perché pensavo tutt'altro. Ho cercato l'unico prete che conoscevo, don Gianni di Castellanza, quello che ci aveva sposato, perché avevo accettato il matrimonio misto nel 2015, pur non essendo battezzato».
Com'è andato questo confronto con il sacerdote?
«All'inizio era un po' preoccupato. "Tutto bene con Manuela?", mi ha chiesto. Quando gli ho raccontato i miei sentimenti, in quasi due ore, mi ha proposto di leggere i Vangeli. Lì sono stato travolto la seconda volta, vivevo a pane a Vangelo. A settembre sono andato da don Davide della mia parrocchia e gli ho detto che mi volevo battezzare. Mi ha detto che mi avrebbe seguito personalmente».
Quanto è durato il cammino?
«Un anno e mezzo, durante il quale ho incontrato le famiglie della scuola della Zolla, che fanno parte di Cl, e una in particolare ci ha proprio trascinato, sono cambiati le vacanze, i week end, tutto il nostro vivere la quotidianità».
Sua moglie è felice?
«Sì, anche per lei è stata una grande spinta. Ora facciamo vacanzine pellegrinaggi, giornate di convivenza. Poi ho fatto il volontario, dopo varie esperienze l'allenatore di calcio con i malati psichiatrici».
È cambiato qualcos'altro nella sua vita?
«Dopo vent'anni di lavoro con mio papà mi sono
licenziato e dopo Pasqua avrò l'idoneità per insegnare religione e mi metterò a disposizione. Mio padre è rimasto male, ma le dinamiche del profitto mi erano troppo distanti, ora sto studiando all'Istituto di scienze religiose».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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