A Milano il gran ritorno delle étoile del Bolshoj

Siglato un accordo fra la Scala e il teatro di Mosca, previsti scambi artistici fino al 2010

Ballerini che vanno, cantanti che vengono. Opere e balletti che vanno e vengono nel felice viavai dell'interscambio Mosca-Milano. Con e senza muro, con e senza perestrojka. L'ottica è quella dei repertori di Bolshoj e Scala e delle reciproche specificità. A noi il belcanto, a loro la gelosa custodia dell'accademica importata quel dì da Francia e Italia e diventata massima espressione d'arte del Paese. Qualche data a caso. Il 1964 e la doppia tournée Scala a Mosca e Bolshoj e Milano. Il '70 e la prima volta alla Scala del mitico Ballo moscovita con Lago, Spartacus e Schiaccianoci. Il'73-74 ancora Bolshoj con il balletto Anna Karenina e cinque opere russe ricambiate da altrettanti titoli italiani. L'89 con la partenza per Mosca di Gavazzeni, Maazel e Muti. L'anno verdiano, il 2001, con la memorabile esportazione del Requiem di Verdi diretto da Muti. Il 2002 e il Ballo della Scala al Bolshoj. Oggi viene firmato un nuovo protocollo Putin-Prodi che riporta il Ballo del Bolshoj a Milano. Agli Arcimboldi per la Scala. Quindi nel 2008, dopo i lavori di ripristino del loro teatro, scambio sinfonico con orchestra e coro moscoviti alla Scala e complessi scaligeri a Mosca. Nel 2009 il nostro Ballo a Mosca e due opere (Angelo di Fuoco e Kovanšcina) del Bolshoj a Milano. Nel 2010 ancora Scala al Bolshoj con due titoli italiani e uno straniero. Ma intanto eccoci a tu per tu con Aleksej Ratmanskij, dal 2004 direttore del Ballo moscovita: 38 anni, nato a Leningrado, formato a Mosca e intensa esperienza internazionale, Aleksej è un giovane con orecchino pacato, serissimo, determinato e di poche parole. Inutile chiedere su quale filone si inserisca. Grigorovic il conservatore o Vassiliev il rivoluzionario? La risposta è sempre la stessa. La Russia ha un grande repertorio classico da preservare con stile attento all'oggi. Fatto che non significa lessico moderno ma sempre e solo punte e classicità.
Dalla sua Ratmanskij ha comunque una predilezione per Šostakovic del quale ha ripreso l'opus coreutica (Età dell'oro, Bullone, Limpido ruscello), l'ammirazione per Ek e Forsythe, l'inclusione in repertorio di Tharp, Neumeier. La Fille du Pharaon è un balletto del 1962 per il Mariinskij di Pietroburgo. Celebra l'uscita di scena nostra Carolina Rosati e consacra Marius Petitpa, nominato sul campo maître du ballet del Mariinskij. Dominerà i teatri imperiali per mezzo secolo. Il titolo si ispira al racconto di Gautier Le Roman de la Momie. Dice di un lord inglese costretto a rifugiarsi in una piramide. Dove tra i fumi dell'oppio e la suggestiva sensualità della figlia del faraone Aspicia vive avventure indescrivibili. Il balletto durava 4 ore e impiegava 400 elementi, secondo il gusto del ballo grande che continuerà ad imperare in occidente mentre in Russia sarà spazzato via dai tesori del repertorio tardoromantico. La Fille è ripresa da Pierre Lacotte, il filologo della danza. Il limpido ruscello, venerdì e domenica con due recite, è un titolo del 1935 su Šostakovic e libretto celebrativo del popolo russo. Ottiene grande successo. Ma in teatro arriva Stalin e poco dopo appare sulla Pravda il solito articolo demonizzatore. Tutti puniti, fine dell'attività drammatica di Šostakovic e scomparsa del titolo.

Ripescato nel 2003 da nostro Alekej gli merita l'investitura di direttore del Ballo del Bolshoj. In scena un centinaio di ballerini tra i quali la Zakharova e la Alexandrova, la Osipova e via sognando. In buca la Verdi. Sul podio Igor Dronov e Pavel Klinichev .

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