Milano in mischia per tornare nel grande rugby

Mister Cuttitta: « I problemi? Gli impianti e molto provincialismo»

Francesco Rizzo

Il pallone da rugby è un sacco di vento, dicono gli irlandesi. A Milano è un sacco di passione. E problemi. Ieri è scattato il campionato di B, il terzo livello nazionale dopo il Super 10 e la serie A e la metropoli ovale è tutta lì: tre squadre nel girone A, Amatori, Asr e Grande Milano, sei derby, un campo solo, il Giuriati e la speranza di salire di categoria per riaffacciarsi al giro che conta. Milano è antica capitale del rugby italiano, la prima vittoria azzurra, 29 maggio 1930, fu un 3-0 alla Spagna sul prato dell'Arena, in campo nove giocatori dell'Amatori, leggendario club-pioniere, diciotto scudetti vinti, l'ultimo nel 1996 sotto l'insegna Milan. Comincia l'Amatori, questo pomeriggio alle 15.30 in via Pascal (MM2 Piola), avversario l'Asti, fra sette giorni i match al Giuriati saranno due, Grande Milano-Bassa Bresciana e Asr-Valpolicella. Il girone è a dodici squadre, prime due ai playoff promozione. Nella scorsa stagione l'Asr ha strappato il secondo posto all'Amatori ma ha poi perso la sfida per salire contro i veneti del Badia, il Cus si è fermato a metà classifica e oggi ha cambiato identità: si chiama Grande Milano. «Abbiamo unito le forze con altre due società - spiega il presidente Alberto Villa -, l'Amatori Junior (costola separatasi dall'Amatori, ndr) e il Cologno Monzese: i migliori giovani dei tre club giocano sotto l'insegna Grande Milano in under 19 e poi c'è un team unico per la B». Lavorare sulla base è una politica precisa ma anche una soluzione per vivere delle proprie forze quando non si nuota nell'oro. Questo è il rugby a Milano: una stagione si affronta con un budget fra i 60.000 e i 120.000 euro, gli sponsor non abbondano, l'autofinanziamento è realtà, una lotteria o un buono-sconto attirano qualche spettatore in più. C'è chi offre ai giocatori rimborsi spese ma anche chi, come l'Amatori, li aiuta a trovare lavoro: non si tratta certo di professionisti. Così, tre sere la settimana, si allenano insieme lo studente di ingegneria nucleare e il muratore, l'avvocato e il poliziotto e qualche straniero che ha un'altra occupazione.
«Il 90% dei ragazzi della nostra squadra di B è cresciuto nel settore giovanile. E abbiamo elementi nel giro azzurro», dice Francesco Azzolari, dirigente dell'Asr, club con 61 anni di storia, club house in via Peroni 47, un'apparizione al cinema quando Claudio Bisio li coinvolse nel film Asini. Fra le tre società sono circa 1200 i rugbisti (e le rugbiste) in erba e magari aumenterebbero se Milano offrisse più strutture. Come nell'hockey, anche qui si spera in Palazzo Marino. «Il problema-impianti esiste e noi non escludiamo di trasferirci a Segrate, dove già ci alleniamo - ammette Marcello Cuttitta, 54 presenze azzurre, oggi tecnico dell'Amatori - ma gli ostacoli sono anche la mentalità provinciale di certi dirigenti e assurdità antisportive come il Calvisano, che milita nel nostro girone e fa giocare cinque uomini della sua prima squadra, iscritta al Super 10. La nota positiva è che, nella distratta Milano, il vivaio migliora».

E se le tre squadre cittadine unissero le loro forze per creare un club unico? Qualcuno ci pensa. Cuttitta dice no: «E' la competizione fra le tre realtà che favorisce la crescita. Dateci qualche anno». Ma adesso tocca al pallone, sacco di vento dai rimbalzi impazziti.

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