Milano, gli scatti di Kubrick a Palazzo della Ragione

Stanley Kubrick. Fotografo. Gli anni di Look (1945-1950) si chiama la mostra aperta fino al 14 luglio. Organizzata da Rainer Crone, realizzata dal Comune e da Giunti Arte Mostre musei, in collaborazione con la Library of Congress di Washington e il Museum of the City of New York, espone trecento fotografie, molte delle quali inedite e stampate dai negativi originali, realizzate dal futuro grande regista, una sorta, se si vuole, di "infanzia di un genio" della macchina da presa

Milano, gli scatti di Kubrick a Palazzo della Ragione

Il ragazzino se ne sta accovacciato, un ginocchio puntato a terra, il flash nella mano destra, la macchina fotografica in quella sinistra, con l'altra gamba semi-piegata che fa da cuscino al braccio. I pantaloni sono larghissimi, un principe di Galles che mal si abbina a una giacca di un paio di taglie più grande del dovuto. Sopra la cravatta spunta una testa di capelli neri con un ciuffo che il pettine non è riuscito a domare, un volto imberbe, un accenno, timido, di sorriso. Il ragazzino dimostra ancora meno dei suoi diciannove anni appena compiuti, si chiama Stanley Kubrick, lavora per Look, ma per i suoi colleghi è già "Stanley il veterano"… Look è una rivista americana che esce due volte alla settimana, fa concorrenza a Life e tutte e due hanno rivoluzionato il modo di fare i giornali. Usano l'immagine come fosse un racconto nel quale al redattore è riservato lo spazio per la pura e semplice didascalia. Photo-stories e photo-reportage raccontano la vita dei college universitari e quella dell'alta società, le manifestazioni sportive e quelle sindacali, gli orfanotrofi e i centri di cura per alcolizzati e tossicodipendenti. Raccontano persino i turbamenti emotivi di quella che, nel secondo dopoguerra del Novecento, si sta affermando come classe sociale, ovvero la gioventù, i teenagers… Come una vera e propria messa in scena, il ragazzo-lettore si vede riproposta sulle grandi pagine del giornale l'immagine in sequenza che gli racconta "Che cosa ogni ragazzo dovrebbe conoscere sul fidanzamento", "Che cosa i ragazzi dovrebbero sapere sull'amore", "Che cos'è la gelosia", "Una guida al matrimonio"… Di queste tranches de vie, "Stanley il veterano" è maestro assoluto: sceglie le location e gli studenti, dice a quest'ultimi quali pose assumere, li fa, insomma, recitare. Tempo dieci anni e quel ragazzino diverrà uno dei più grandi registi cinematografici mai esistiti, il creatore di Lolita e del Dottor Stranamore, di Barry Lindon e di Full Metal Jacket, di 2001 Odissea nello spazio… Stanley Kubrick. Fotografo. Gli anni di Look (1945-1950) si chiama la mostra ospitata al Palazzo della Ragione di Milano (fino al 14 luglio). Organizzata da Rainer Crone, realizzata dal Comune e da Giunti Arte Mostre musei, in collaborazione con la Library of Congress di Washington e il Museum of the City of New York, espone trecento fotografie, molte delle quali inedite e stampate dai negativi originali, realizzate dal futuro grande regista, una sorta, se si vuole, di "infanzia di un genio" della macchina da presa: i primi passi mossi con sicurezza sbalorditiva su un altro campo, quello dei Cartier-Bresson e dei Weege, l'epoca d'oro dell'agenzia fotografica Magnum, non a caso fondata nel 1947. Torniamo un momento a Stanley il veterano". La definizione era contenuta proprio in un articolo di Look, dove Kubrick era per l'appunto il fotografo più giovane, assunto in pianta stabile nel 1946, a 17 anni. L'anno prima, sedicenne dunque, mentre da casa andava a scuola, il ragazzo aveva visto ai chioschi dei giornali le prime pagine dei quotidiani che riportavano la morte del presidente Franklin Delano Roosevelt: "F.D.R. Dead", c'era scritto su caratteri cubitali. Aveva dietro la sua Graflex 33 m.m., regalo paterno, con la quale faceva le foto per il giornalino studentesco della Taft Highschool. Disse all'edicolante di fare un'espressione mesta e scattò. Quello stesso giorno sottopose la foto alla redazione fotografica di Look, gliela comprarono, gli affidarono altri servizi e il tempo di fargli prendere la maturità lo arruolarono come staff- photographer. Nell'aver spinto l'edicolante "alla tristezza" c'è il senso di che cosa fosse la fotografia per Kubrick: non la rappresentazione della realtà, ma la relatività della stessa. Come racconterà più tardi: "La forma espressiva più perfetta è l'ambiguità. Ogni affermazione letterale, piatta e chiara è falsa e non avrà mai il potere che ha un'ambiguità perfetta". Ci sono dunque più visioni della realtà e noi possiamo afferrarla soltanto per sfaccettature. Il ragazzino, insomma, sapeva quello che faceva: evocava, suggeriva, alludeva e lasciava allo spettatore il compito di riempire cosa ci fosse dietro. Come scriveranno i suoi colleghi, "fotograficamente Stanley non ha bisogno di alcun aiuto per diventare grande". E' vero che loro avevano creato il "Bringing up Stanley Club", il club per farlo diventare adulto. Ma il suo compito consisteva "nel non fargli dimenticare le chiavi, gli occhiali, le soprascarpe", nell'insegnargli a vestirsi da uomo. A giudicare dalla foto da cui siamo partiti, c'era ancora molto lavoro da fare… Negli scatti di Kubrick per Look c'è spazio per Frank Sinatra e Montgomery Cliff, Rocky Graziano e i funerali jazz di New Orleans, la metropolitana e il Greenwich Village di New York e la periferia di Chicago, i night e la partite di scacchi nei parchi e nei bar.

In tutte c'è sempre un'ambiguità, meglio un'ambivalenza, che punge l'osservatore e sfida la sua percezione. "Le idee devono essere scoperte dal pubblico, e la sua eccitazione nello scoprirle non può che aumentarne il potere". Così parlò "Stanley il veterano"…

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica