"Picchiati perché stranieri". Ma la verità è un'altra

Bufera dopo l'intervento di domenica mattina a Milano in Ticinese. Su Instagram accusano gli agenti. Ma qualcosa non torna

"Picchiati perché stranieri". Ma la verità è un'altra

Quante versioni può avere la cronaca? Tante. Anche se il fatto sarebbe di per sé oggettivo, alla fine ognuno racconta quel che vede. Un pezzo della storia. Una percezione. E la verità? Difficile da trovare, soprattutto ai tempi dei social. Lo dimostra plasticamente quella che fino a ieri era solo una normale notizia di cronaca locale e che oggi invece si sta trasformando in un caso (social) mediatico. E cioè l'atto di accusa di razzismo contro le forze di polizia italiane, manco fossimo negli Usa di Geroge Floyd.

Prima i fatti. Sono le cinque del mattino di domenica 27 giugno a Milano quando le pattuglie del Nucleo Radiomobile, della compagnia Milano Duomo e del III reggimento Lombardia convergono in forze in Piazza XXIV Maggio, di fronte all’ingresso del Mc Donald’s. Qualcuno ha segnalato una rissa e di questi tempi, con la movida fuori controllo, i nervi sono a fior di pelle. Gli agenti intervengono, trovano un gruppetto di ragazzi in larga parte di origine centroafricana "con atteggiamenti provocatori", assembrati, intenti a consumare alcolici e ad "ascoltare musica ad alto volume". In breve tempo la situazione precipita: nei video si vedono volare bottiglie di vetro, i carabinieri caricano il gruppetto, partono manganellate, grida, accuse e insulti. Il risultato è riportato nero su bianco in una nota dell’Arma: 12 persone identificate e multate per violazione delle norme anti-Covid, un italiano denunciato, uno arrestato e una ragazza del Burkina Faso ferita. Ma cosa è successo davvero?

Già, perché sul parapiglia le versioni sono differenti. Discordanti. E per alcuni addirittura infamanti. Su Instagram è ormai virale (si dice così quando un video raggiunge 2,6 milioni di visualizzazioni) il resoconto realizzato da “Riphuda”, una ragazza riccia secondo cui è “inutile che l’Italia si dichiari innocente davanti alle accuse di abuso di potere da parte della polizia per ragioni di discriminazioni razziale”. Nei sette lunghi minuti di racconto, la giovane sostiene che tutto sia partito a causa del campanello di un monopattino e del vizietto delle divise a discriminare i neri. “Stavamo facendo colazione in circa 15 persone”, dice, quando da una volante di passaggio un poliziotto sarebbe saltato “giù dall’auto” e avrebbe “iniziato a urlare: ‘Se non la smetti ti arresto’”. Per un campanello. Sempre per lo stesso tintinnio sarebbero addirittura arrivate altre sei pattuglie e “due camion blindati”, uno spiegamento di forze come non se ne vedono neppure durante le manifestazioni dei blakc bloc. Possibile? Accusa Riphuda: “Noi eravamo seduti ai tavoli pubblici di un Mc dopo aver pagato il cibo e siamo stati spinti via con la forza. Un ragazzo è stato buttato per terra, preso a calci e manganellate da quattro poliziotti. Una ragazza, sua sorella, si è avvicinata e si è beccata una manganellata dritta in testa che l'avrebbe potuta ammazzare”. E ancora: gli agenti avrebbero “rincorso le persone cercando di picchiare tutti”. Addirittura avrebbero osato “inseguire dei ragazzi” (poverini) che avevano “preso dai cassettoni della spazzatura delle bottiglie di vetro per potersi armare in qualche modo” (bontà loro). Infine avrebbero usato termini razzisti tipo “torna al tuo Paese”, “annientate questo negro” e via dicendo. Sintesi: “Il razzismo in Italia esiste”. Firmato: All Cops Are Bastard.

Sui social, ça va sans dire, è tutto un condividere il video e gridare all’orrore xenofobo delle divise. Ma non tutti hanno visto lo stesso film. Catia, ad esempio, nei commenti al filmato sottolinea come la grande accusatrice dei carabinieri abbia “dimenticato di raccontare tutta la parte iniziale, dove i tuoi amici violenti buttano a terra i miei che non stavano facendo nulla”. Marta B. aggiunge che “i video non fanno vedere che alle 4.30 c’è stata una rissa che ha compreso circa 50 persone che si sono riversate in strada picchiandosi”. Solo a quel punto “sono intervenuti i militari” e dopo una ventina di minuti i carabinieri. Insomma: un racconto “non veritiero”, quello di Riphuda, a cui “mancano dei pezzi”.

Abbiamo provato a contattare Marta B. e siamo in attesa di una risposta. Ma se 2,6 milioni di persone hanno dato credito al racconto di Riphuda, perché non dovremmo credere a chi sostiene di lavorare nel Mc Donald’s teatro della battaglia? “Anche i ragazzi si sono messi a insultare i poliziotti”, racconta Marta, e soprattutto i militari “non si sono aizzati per un campanello”. “Io stavo lavorando e non potevo uscire dal locale per via di questi 15 ragazzi che cantavano, urlavano e rompevano cose ancora prima che la polizia intervenisse”. Ecco allora l’altra versione dei fatti. Verso le 4.35 ci sarebbe stata la rissa, il locale sarebbe stato chiuso alle 4.45 e “noi colleghi siamo rimasti dentro fino alle 5.30”. Insomma: il problema di ordine pubblico c’era eccome, altro che “un cazzo di campanello”. Non solo: il gruppetto avrebbe “messo musica e ballettato” davanti agli agenti, avrebbe “cantato a squarciagola” in modo denigratorio e “istigato i carabinieri dicendo ‘se vuoi arrestami pezzo di merda”. Senza contare - e questo si vede chiaramente anche dalle immagini - che alcuni dei giovani hanno “preso delle bottiglie di vetro da dentro i cassonetti e le hanno tirate addosso” alle divise.

Una fonte del Giornale.it aggiunge altri particolari: “Gli insulti sono sempre gli stessi - dice la fonte - ci urlano addosso ‘sbirri di merda’, ‘bastardi’, ‘figli di puttana’, ‘fascisti’”. Dal punto di vista degli “sbirri” la trama appare semplice: dopo il lancio di bottiglie, “sampietrini e massi” è seguita una normale “carica di alleggerimento”. Niente di strano: si chiama ordine pubblico. Resta però quell’accusa di razzismo da 2,5 milioni di visualizzazioni. “Ormai il problema siamo diventati noi e non i criminali o i facinorosi - lamenta Ilario Castello, segretario provinciale del Nuovo sindacato Carabinieri - Prendersela con le divise è la moda del momento.

E la politica si dimentica di metterci nelle condizioni di lavorare: servono un protocollo operativo e regole chiare di ingaggio”. Anche perché alla fine il ritorello è sempre lo stesso: gli agenti rischiano la vita in strada, cercano di tutelare l’ordine, si beccano bottigliate in testa. E poi li accusano pure di razzismo.

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