Bollate a meta Dal carcere detenuti in campo contro Milano

Elena Gaiardoni

«Ti aiuta a non mollare. Ti insegna a incassare. Se una persona commette un fallo nei tuoi confronti, tu sai come reagire all'interno delle regole del gioco». Questo è lo sport per un carcerato che gioca nella squadra di rugby del carcere di Bollate. E scusate se è poco: lo sport è la coscienza di poter agire e reagire nel rispetto di quanto si definisce legge.

Per il terzo anno consecutivo oggi i giocatori del «Rugby Barbari Bollate», la squadra multietnica nata dal progetto Rugby Bol, decollato nel 2013 all'interno della casa di reclusione, si incontrerà con una squadra di giocatori e volontari del Rugby Milano al centro sportivo G.B.Curioni in via Circonvallazione Idroscalo, 51. Il progetto Rugby Bol coinvolge una cinquantina di detenuti e ha dato vita a una squadra che svolge regolari allenamenti e partite all'interno della struttura. Nel 2016 è stato realizzato un documentario su questa esperienza, dal titolo «Un bel Coraggio».

Solitudine, assenza di norme, incapacità di accettare il gioco dell'altro sono i lati più duri della detenzione: difetti che lo sport di squadra riesce a tradurre in qualità.

«Il rugby ha la capacità di trasmettere il concetto e il senso della priorità dell'interesse generale rispetto al particolare» commenta Massimo Parisi, direttore di Bollate. Attraverso lo sport l'uomo libera in modo positivo lo «spirito guerrier ch'entro gli ruggge» e che lo porta a commettere gesti di violenza contro l'altro.

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