«Strappo», «complotto», «tradimento». Aula abbandonata per protesta, strepiti, ultimatum e rimostranze a tutti i livelli. La sinistra ieri si è scatenata: intollerabile l'elezione a presidente della commissione d'inchiesta sull'emergenza Covid di Patrizia Baffi, che fra l'altro fino a nove mesi fa era vicepresidente del gruppo Pd e oggi è consigliera d'Italia Viva, il partito di Matteo Renzi. A gettare benzina sul fuoco, la coincidenza con una vicenda di politica romana, che ha visto i renziani non votare contro il leader leghista Matteo Salvini nella giunta per le Immunità del Senato. Apriti cielo. Il caso ha eccitato dietrologie e demagogie, anche se la scelta romana evidentemente non aveva niente a che fare con l'esito della discussione in Consiglio regionale, dove nel primo pomeriggio (con 46 voti) è stato assegnato alla consigliera Baffi l'incarico che il Pd voleva per sé, per uno dei suoi. Il candidato dem Jacopo Scandella, però, si è fermato a 28 voti, mentre il radicale Usuelli ne ha ottenuti solo tre. Promotore dell'improbabilissima tesi di un «scambio» Lega-Renzi, l'ex segretario milanese Pietro Bussolati, ma è stato tutto il Pd a sollevarsi, per il fatto che su Baffi sono confluiti i voti del centrodestra. Lo statuto prevede infatti che il presidente sia indicato dalle minoranze, il problema è che le minoranze non erano unite, anzi c'erano in ballo almeno tre candidati. Bussolati ha anche annunciato una manifestazione di protesta, ma politicamente il flop del Pd è dipeso dalla fallimentare strategia che anche lui ha concepito: l'attacco a testa bassa contro la giunta regionale e contro l'assessore Giulio Gallera in particolare. Nonostante la bagarre inscenata ieri, infatti, il Pd ha perso due settimane fa l'opportunità di guidare la commissione. Si è messo fuori gioco da solo quando - maldestramente - ha presentato contro Gallera una mozione di sfiducia, oltretutto mascherata da mozione ordinaria per ottenere il voto segreto. Sperava, al riparo dai riflettori, di attrarre qualche franco tiratore della Lega, ma è finita che i franchi tiratori (almeno tre) sono spuntati a sinistra, mentre Italia Viva, Più Europa e i Civici di Giorgio Gori hanno preso le distanze dalla mozione.
La sconfitta non ha suggerito maggior prudenza, anzi i toni dei dem si sono accesi sempre di più. Anche a prescindere dal merito delle questioni in campo con l'emergenza. I dati di ieri, fra l'altro, sono confortanti e segnalano un nuovo miglioramento. I nuovi contagiati registrati sono 159, con 9.176 «tamponi eseguiti». La percentuale di positivi sui test eseguiti, dunque, scende ancora, fino all'1,7%. E i decessi, ieri, sono stati 22, con un ulteriore calo dei ricoveri in terapia intensiva e degli «attualmente positivi»: oggi 24.477.
Comunque, il Pd ha scelto la «guerra politica», la stessa combattuta dei settori più oltranzisti della sinistra ma sconfessata fra l'altro dal sindaco di Milano, Beppe Sala, che la considera un «autogol». Il Pd lombardo però, ormai è diventato indistinguibile dai 5 Stelle, anche a costo di perdere credibilità. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Massimiliano Salini, ieri ha parlato di «sciacallaggio politico» e «polemiche scomposte». «Il Pd - ha detto - dà la sensazione di essersi trasformato in un partito squalo irresponsabile, assetato di sangue e accecato dall'odio politico, che si muove a caccia di avversari di partito con la voracità del predatore e non del costruttore». Su questo Pd, la Lega ha posto un veto, Forza Italia non voleva un presidente grillino, invece Baffi, già in occasione della mozione aveva dimostrato di avere una linea equilibrata: critica, come legittimo, ma senza demagogie e con la chiara capacità di distinguere la commissione d'inchiesta e il piano giudiziario. Ecco l'esito di ieri, ed ecco la bagarre: «Quella messa in scena dai consiglieri Pd e del M5S - ha detto il capogruppo di Fi Gianluca Comazzi - è una sceneggiata vergognosa».
E il leghista Roberto Anelli è stato altrettanto chiaro: «Il concetto di democrazia portato avanti da Pd e M5S? O si vota quello che dicono loro oppure non va bene. È un'idea di confronto che non poteva avere il nostro assenso, la commissione d'inchiesta deve essere un organismo super-partes e non uno strumento nelle mani di una parte politica».
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