"Che amarcord, a Cinecittà mi chiamavano la milanese"

L'attrice in scena al Nuovo nella commedia "Toc Toc": "Il palco vale tanti sacrifici e io non mi arrendo mai"

"Che amarcord, a Cinecittà mi chiamavano la milanese"

La gente la riconosce ancora per la sua voce: unica, inimitabile. E pensare che ai suoi esordi i registi «la consideravano assurda per il mio fisico e mi doppiavano. Fu grazie ad Antonio Pietrangeli che iniziai a doppiarmi da sola». Forse Sandra Milo, al secolo Salvatrice Elena Greco, ha avuto successo anche per quella vocina. Nella sua lunga carriera («Ma non mi chieda quanti film ho fatto, non li ho nemmeno visti tutti»), ha lavorato anche in radio, perché la musa di Fellini ha avuto mille vite. Per scrivere la sua biografia ci vorrebbero almeno tre libri, non a caso il documentario Salvatrice premiato di recente al Festival del Cinema di Roma «parla solo di una parte della mia vita». Noi la incontriamo fra una prova e l'altra del suo nuovo spettacolo Toc Toc: da domani sera al 7 aprile interpreta «una donna piena di tic e manie, cose che io non ho mai avuto». Durante le prove non perde una battuta, nonostante i suoi 86 anni (che non dimostra) è instancabile e macina decine di progetti ma fra tutti predilige il teatro: «In teatro c'è sempre un attimo in cui diventi tutto il pubblico, e il pubblico diventa te e ti arriva qualcosa che non so spiegare, dura poco ma è talmente intenso che vale la pena di fare tanti sacrifici».

È vero che la sua carriera è iniziata a Milano?

«Sono arrivata a Milano che ero una ragazzina, avevo vissuto la guerra, ero stata sfollata da un paese all'altro della Toscana. Abitavo in Corso Venezia e facevo la modella, ma un certo punto mi sono detta: Ma sono sempre muta, utilizzo solo una parte del mio corpo, io voglio fare l'attrice!. E così sono partita per Roma, che allora era una città fantastica, dove arrivavano le più belle ragazze del mondo per fare cinema».

E a Cinecittà tutti la chiamavano la milanese...

«Sì perché io arrivavo puntualissima e a Roma i puntuali ritardano mezzora, quanto mi vergognavo ad aspettare nei bar da sola Quando arrivavo sul set del mio primo film, Lo Scapolo il regista, Pietrangeli, mi accoglieva dicendo: Eccola Eleonora Duse!, questa frase mi uccideva, mi sentivo niente e nessuno. Per fortuna l'assistente alla regia, che era Franco Zeffirelli, mi diceva: Non preoccuparti, tu devi vincere e mi aiutò molto a superare l'imbarazzo. Ma sono sempre rimasta puntuale: è una questione di rispetto per gli altri e per se stessi».

Lo Scapolo era Alberto Sordi: siete diventati amici?

«Ho fatto un film solo con Sordi e pur ammirandolo tantissimo non ho mai desiderato di fare un secondo film con lui: rappresentava una tipologia di uomo che ho sempre detestato. Quando disse la famosa frase: Io sposarmi? Mettermi un'estranea in casa?, mi fece ridere ma finì lì».

Chi erano i suoi amici?

«Uno su tutti Mastroianni: era colto, affascinante, bravissimo ma in modo naturale, meraviglioso: se fosse ancora vivo gli avrei già in mente un film per noi due».

È vero che a un certo punto decise di mollare il cinema?

«Sì due volte. La prima perché dopo il film di Roberto Rossellini Vanina Vanini, accolto dalla critica in modo indecente, mi avevano soprannominata Canina Canini. Dovevo fare un film con Pietrangeli, ma il mio compagno mi disse: Molla, non ti vuole più nessuno. Ho mollato e mi sono messa a scrivere: poesie, un libro inedito che parla di una donna in cerca di libertà che ho regalato a mio figlio...».

Poi è arrivato Fellini che la voleva per 8 e 1/2

«Venne a casa mia una mattina con la troupe. Fu emozionante, quando si sono accese tutte le luci ho detto: La mia vita è questa!. Ma continuai a dirgli di no. Lui decise che dovevo essere io Carla, l'amante ideale degli italiani, e alla fine ho detto sì. Il mio compagno, che era molto avaro, per convincermi mi regalò un paio di orecchini di brillanti».

È vero che Fellini è stato il suo grande amore?

«Lo è stato per 17 anni e lo è ancora, dormo con una sua foto sotto il cuscino. Io mi sono innamorata di lui la prima volta che l'ho visto, lui era già sposato con Giulietta Masina. Lei era una donna intelligente capiva che suo marito era straordinario, di un carisma pazzesco, che tutti si innamoravano di lui, che non poteva essere la sola ma era la più importante. Fellini aveva una grande curiosità, era attratto da tutte, non si poteva essere gelosi».

È vero che ha rifiutato il ruolo della Gradisca in Amarcord?

«Il ruolo era per me. L'aveva disegnata con la frangia e i boccoli. Che te ne pare?, mi chiese: Ma questa è una donna che ama vivere, ama il sesso, ama bere, ti pare che una così sta a farsi i boccoli? Falle una testa naturale!, lui accettò il consiglio ma io rifiutai il ruolo perché mio marito mi disse: Se fai cinema non vedi più i tuoi figli perché sei una che sfascia le famiglie».

Ma lei non si è mai arresa.

«Ho avuto una serie di disgrazie infinite, una sola non mi basta per crollare. Mi tiene su un esagerato senso della responsabilità. E mi rialzo subito, rattoppata, ma vado avanti».

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