Cimice in Comune: tutti assolti Resta il giallo su chi l'ha messa

Una sentenza che non chiude il caso. Anzi, lo tinge di giallo. Verso la fine dell’estate del 2009, una microspia venne trovata nell’ufficio Giuseppe Sala, ex direttore generale di Palazzo Marino, oggi amministratore delegato di Expo spa. Una cimice che costò un processo con le accuse di truffa, interferenza illecita nella vita privata, violazione di domicilio, frode nel contratto di fornitura e simulazione di reato per Angela Di Marzo (dirigente della società privata Adm srl, chiamata dal Comune a bonificare la stanza del dirigente), per il fratello Giuseppe Angelo (responsabile del personale), e per il tecnico dei computer Lorenzo Fabbrizzi (un collaboratore esterno alla ditta). In pratica, secondo la Procura, a piazzare il dispositivo era stata la stessa ditta che avrebbe dovuto ripulire gli uffici, con lo scopo di accreditarsi presso l’amministrazione e ottenere nuovi incarichi. Bene, ieri gli imputati sono stati assolti «perché il fatto non sussiste». Ma visto che la cimice era stata effettivamente trovata, resta una domanda inevasa: ma allora chi l’ha messa?
Tra novanta giorni il giudice monocratico della quarta sezione penale Orsola De Cristofaro depositerà le motivazioni della sentenza, con cui spiegherà perché i fratelli Di Marzio e Fabbrizzi non hanno nulla a che fare con quella microspia. «Siamo soddisfatti che sia stata dimostrata l’estraneità degli imputati ai fatti contestati», commentata l’avvocato Luigi Liguori. Più difficile, però, sarà capire come la ricetrasmittente sia finita nell’ufficio di Sala, che all’epoca era il principale collaboratore del sindaco Letizia Moratti, l’uomo da cui passavano tutte le decisioni più importanti sul futuro di Milano, dall’Expo al nuovo piano di governo del territorio. Insomma, pratiche attorno a cui ruotavano interessi multimilionari.
Del ritrovamento della microspia si era subito occupata la Procura, con il pm Stefano Civardi, che ieri ha chiesto la condanna degli imputati a un anno e 8 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena. La cimice era spuntata a fine agosto, ma il sospetto è che fosse stata collocata ai primi del mese, in un periodo in cui a Palazzo Marino erano stati eseguiti diversi lavori di ristrutturazione e traslochi di arredi. In quei giorni, gran parte dei dirigenti era in ferie.

Una situazione ideale, per chi ha collocato il dispositivo: libero accesso negli uffici dei dirigenti comunali, senza essere osservati da occhi indiscreti. E vista la sentenza di ieri (e a meno di ribaltamenti in Appello), chi ha messo la cimice l’ha fatta franca.

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