Città deserta, Expo lontana Strade e negozi sono vuoti

Da Brera al Lorenteggio negozianti delusi: «Il boom atteso non c'è» I pochi bar e supermercati aperti diventano ritrovo di chi è rimasto

Il colpo d'occhio è una città svuotata. Si trovano le strisce bianche per il parcheggio al primo giro, in bicicletta si arriva in un lampo ovunque, a certe ore si potrebbe persino passare col rosso (ma non fatelo: è la tentazione più rischiosa). Milano, settimana a cavallo di Ferragosto: succede sempre che ci si sente soli. E quindi padroni della città. Il silenzio è in certe zone residenziali chic attorno al centro: via Monti, corso Magenta.

In corso XXII Marzo restano aperte le catene - che sparano i cartelli «ultimi ribassi» e «fuori tutto» - e qualche sopravvissuto negozio che avvisa di essere «aperto tutto agosto». Un fatto strano, appunto. Viale Montenero è un lungo serpente di saracinesche giù, a eccezione di qualche ristorante e gelateria. Avvicinandosi alla city il deserto prosegue: in corso di porta Romana sono aperti i bar, qualche negozio di riparazioni cellulari, un centro di nail art . Tutti gestiti da stranieri: sono loro a mandare avanti l'economia agostana. Piazza Affari è trasfigurata: la città del lavoro, operosa e produttrice, funziona a scartamento ridotto.

In centro restano affollati il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele. E resiste il Quadrilatero della moda: tra via della Spiga, via Sant'Andrea e Montenapoleone nemmeno alle 15, con il sole che picchia, i turisti interrompono il loro giro di shopping. Si schermano con i cappelli di paglia, sono soprattutto asiatici e mediorientali. A loro si mescolano le commesse dei negozi del lusso, le riconosci dalla divisa pantalone nero e t-shirt bianca, che rientrano dalla pausa pranzo. Le grandi griffe non sono scalfite dalla crisi, né toccate dall'Expo, in positivo o in negativo che sia: chi compra da loro lo fa per la potenza del marchio, ci arriva diretto con la stessa metodica con cui si affronta la visita a un monumento celebre.

Non così per certi nomi, pur antichi, del commercio meneghino. Come Mortarotti, quattro punti vendita e una storia lungo 130 anni: la signora Giuseppina, una delle titolari, sospira guardando il cortiletto di via Manzoni su cui affaccia la boutique: «Prima c'era un turismo di un certo livello, gente che passava qui e poi si trasferiva tre mesi al lago, in villeggiatura. Un mondo che non c'è più: ora continuano a spostarsi, magari però vola verso una località esotica». Gli affari non vanno benissimo, l'Expo è un'eco lontana: «Il tema era interessante ma non è stato sviluppato: è una grande Fiera dove si mangia, e quel tipo di turista compra da Zara o da H&M, non certo qui da noi». Più critica Eleonora Scaramucci, presidente dei commercianti di Brera: «Ci eravamo organizzati comprando più merce e prevedendo eventi in vista di una maggiore affluenza che però non c'è stata». Infatti il Brera Expo Wine Tour, che doveva durare per tutti i sei mesi, si è fermato dopo i primi due, maggio e giugno, e il motivo è chiaro: «Se puoi entrare all'Expo, dove trovi cibo da tutto il mondo, con solo 5 euro, è ovvio che vai lì».

Se il boom dell'Expo non si sente lì, figurarsi nei quartieri residenziali. «Zero ritorno economico», dice senza mezzi termini Gaetano Bianchi, che rappresenta i commercianti di zona Lorenteggio. Fa notare che «da via Tolstoj a piazza Frattini nove bar su dieci sono aperti. Ma per via della crisi, perché in vacanza non ci si va affatto».

Sbuffano i commercianti, meno chi trascorre agosto consolandosi come può nel proprio quartiere. Come il signor Giovanni Gaitani, 73 anni, nato e cresciuto in via Lomellina. Beve il caffè al bar Orlando (anche questo gestito da cinesi): «Fino agli anni Novanta questa era una zona più proletaria. E si svuotava di più, perché si lavorava tutti in fabbrica, si facevano tutti le ferie nello stesso periodo. Adesso invece si tende a diversificarle, qualcuno resta sempre, e così si trovano anche caffetterie e supermercati aperti senza dover fare chilometri a piedi». Giovanni è seduto al tavolino con un vicino di casa, più giovane di lui. Ad agosto ci si guarda finalmente in faccia, magari ci si chiede il nome e l'età di quella persona che da mesi, dietro al bancone, ci fa il caffè. Succede così anche nei luoghi di ritrovo serali, dalla Darsena rimessa in sesto e di nuovo affollata a piazza Gae Aulenti, dalla cascina Martesana ai locali attorno a Moscova.

Oasi dove ci si sorride come fra reduci.

Forse è questo il motivo per cui si dice spesso che «Milano ad agosto è bellissima»: è diventato un luogo comune, ma è vero. Ad agosto a Milano non c'è quasi nessuno, per questo è più umana che mai.

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