Comune contro il vigile che sparò e uccise: «Un danno per Milano»

Il 13 febbraio scorso, quando uccise il cileno Marcelo Valentino Gomez Cortes sparando con la sua arma d'ordinanza, il vigile Alessandro Amigoni «abusò nell'esercizio delle funzioni di agente dipubblica sicurezza», e «con manifesta violazione dei doveri istituzionali» propri della polizia locale. Non solo, il comportamento del ghisa ha causato «grande clamore mediatico, determinando un profondo turbamento emotivo della comunità locale e diffondendo l'immagine di una città teatro di gravi atti criminali», oltre a «vanificare le iniziative che l'amministrazione sta promuovendo da anni per la promozione dell'immagine di Milano in Italia e nel mondo, sotto il profilo imprenditoriale, economico (emblematico, al riguardo, l'Expo 2015), culturale e turistico».
È la tesi dell'avvocatura di Palazzo Martino, che ieri si è presentata al settimo piano del Palazzo di giustizia per costituirsi parte civile nel processo contro il vigile accusato di aver sparato alle spalle del giovane cileno durante un inseguimento al parco Lambro. Il gup Stefania Donadeo - che per il ghisa ha fissato per venerdì il giudizio abbreviato - ha accolto l'istanza del Comune, al pari di quella presentata dalla compagna di Gomez Cortes. Respinta, invece, la richiesta dei legali di Amigoni, che avevno chiesto una nuova perizia sulla dinamica della sparatoria, nonostante le consulenze del pm e della difesa raccontino due storie diverse. Per la prima, il viglie sparò alle spalle del cileno da una distanza inferiore ai 3 metri. La seconda, invece, sposta la distanza oltre i 15 metri, spiegando che il proiettile sarebbe stato esploso a solo scopo intimidatorio, mirando verso un terrapieno alla destra del fuggitivo e colpendolo per errore.
Ad ogni modo, la mossa di Palazzo Marino rischia di riverlarsi un paradosso, almeno in termini economici. Perché - legittimamente - il Comune ha deciso di scaricare Amigoni, responsabile di aver «intenzionalmente, persistentemente e apertamente violato i propri doveri istituzionali», di aver «leso la credibilità e la considerazione sociale dei vigili urbani della città, tradizionali tutori della legalità sul territorio, a diretto e quotidiano contatto con i cittadini», e di aver recato «offesa alla reputazione, all'onorabilità, all'immagine del Comune di Milano, quale amministrazione efficiente egarante della legalità». Ma sposando la tesi della Procura, che accusa l'imputato di omicidio volontario, finisce per trovarsi in una posizione contraddittoria.

Da un lato, si mette nella condizione di chiedere un risarcimento per danno di immagine e patrimoniale ad Amigoni, risarcimento che in caso di condanna l'agente di polizia locale difficilmente sarà in grado di onorare. Dall'altro, dovrà pagare i familiari della vittima quale responsabile civile per la condotta del suo dipendente in divisa.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica