Il premier plaude alla sanità (lombarda), il Pd si spacca ed escono allo scoperto le voci più responsabili e moderate. Qualcosa sta cambiando. L'evoluzione della situazione sanitaria e le dinamiche della politica stanno rapidamente mettendo il crisi la linea «barricadera» che la sinistra ha assunto in Lombardia fin dalla scorsa primavera. Voci sempre più forti si levano in direzione opposta, chiedono un approccio diverso, più costruttivo e dialogante, quello che ha sempre invocato - inascoltata dal suo stesso partito, Italia Viva - la consigliera regionale Patrizia Baffi.
A sancire la fine definitiva di una «guerra» ingiusta e inconcludente ieri è arrivato perfino un tweet del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: un imprevisto «plauso» all'equipe medica dell'ospedale Galeazzi, che ha compiuto un intervento chirurgico da record mondiale. Il premier si è detto «orgoglioso della nostra sanità», un riconoscimento meritatissimo per i medici ma anche significativo in chiave politica, soprattutto ripensando all'esternazione con cui a febbraio lo stesso Conte aveva accusato un ospedale lombardo, quello di Codogno, di aver favorito la nascita di focolai con una gestione «poco prudente» dei primi casi.
Qualche giorno fa, d'altra parte, si è fatta notare un'uscita di Giorgio Gori che, oltre a essere il sindaco di Bergamo è stato candidato governatore nel 2018. Partecipando all'inaugurazione di un ospedale, Gori ha «assolto» la sanità privata lombarda, riducendo la sua critica alla sfera delle scelte politiche. Toni pragmatici, diversa da quelli massimalisti di un pezzo di Pd, spesso indistinguibile dalla sinistra che ancora si definisce comunista e sogna «un'altra sanità possibile».
Per mesi, anche nel Pd, la scena è stata occupata da questi toni bellicosi e massimalisti di una minoranza rumorosa che adesso si sta scoprendo tale. Ma «il troppo stroppia», evidentemente, se è vero che nel frattempo è montata anche l'insofferenza di un pezzo importante di partito per questi «toni barricaderi», destinati oltretutto a essere perdenti in Lombardia. Pochi giorni fa un lungo documento politico è stato prodotto da «Base riformista» (corrente del ministro Lorenzo Guerini e dell'ex segretario regionale Alessandro Alfieri). Firmato da molti esponenti di punta del Pd, fra cui il vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, il documento chiede fin dal titolo un Pd capace trasformarsi «da partito di opposizione a partito di governo per la Lombardia e per l'Italia». E diventa una (auto)accusa: «Siamo stati schiacciati, anche strumentalmente - dicono i riformisti - su semplicistiche posizioni di contrapposizione pubblico/privato». «Non sempre - si legge - siamo riusciti a veicolare con chiarezza nell'opinione pubblica un messaggio di responsabilità».
L'impressione, appunto, è che sia uscita allo scoperto la «maggioranza silenziosa» del partito, isolando quella manciata di consiglieri regionali che è ferma sulle posizioni più oltranziste, quelle portate avanti per esempio dall'eurodeputato Pierfrancesco Majorino, che in questi mesi si è agitato chiedendo ogni giorno commissariamenti e sfiducie, ma con l'aria di parlare più all'ala riottosa e moderata del suo partito che all'elettorato.
E se il Pd è parso confuso, ancor più incomprensibile è stata «Italia viva», il partito di Matteo Renzi che, tradendo la sua stessa vocazione, si è schiacciato sulla sinistra e ha provato a far appiattire su un'opposizione sterile e rumorosa anche la consigliera Baffi, la quale oggi non a caso non ha ancora rinnovato l'adesione al movimento e non sembra intenzionata a farlo. «Mi fa molto piacere - dice oggi Baffi - che una parte importante del Pd lombardo abbia messo nero su bianco le proprie critiche verso le posizioni oltranziste che, nei tragici mesi dello tsunami pandemico, vari consiglieri regionali dello stesso Pd hanno portato avanti al Pirellone, trascinandosi dietro, purtroppo, buona parte delle opposizioni».
«Mi fa molto piacere - conclude Baffi - anche perché, pur subendo accuse e insulti dall'ala populista del Pd e soci, lungo tutti i mesi della crisi sanitaria, ho mantenuto una posizione improntata non soltanto al controllo degli atti della maggioranza, ma anche alla leale collaborazione con i suoi rappresentanti. Per il bene della Lombardia e dei suoi abitanti».
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