Il 10 ottobre scorso il suo amico Giambattista Zambetti - 55 anni, meglio conosciuto come «Ragno» - è stato rinviato a giudizio dal tribunale di Bergamo con l'accusa di usura ed estorsione. Reati che avrebbe commesso anche con la complicità di Giovanni Ghilardi, 42enne imprenditore edile bergamasco di Lonno di Nembro, ammazzato con due colpi di pistola alla tempia, come in una vera e propria esecuzione, quasi tre anni fa. Un mistero rimasto tale. Sul quale, però, già qualche mese dopo l'inizio delle indagini, cominciò a incombere proprio la «nube» oscura di una brutta storia di usura.
Il cadavere di Ghilardi venne infatti ritrovato mercoledì 10 febbraio 2010 chiuso nel baule della sua Land Rover parcheggiata nella zona industriale di Gessate (Milano), dopo un casuale controllo della polizia municipale che volle accertare a chi apparteneva quella vettura ferma lì da troppi giorni: guardando attentamente dentro la macchina i vigili scorsero una mano tra la tendina del bagagliaio e il sedile posteriore e così avvertirono i carabinieri di Cassano d'Adda. A riconoscere il corpo senza vita fu il fratello Cesare.
Il giorno dell'Epifania, infatti, l'imprenditore edile bergamasco si era allontanato dalla villetta di Lonno di Nembro, dove lui, celibe, era rimasto a vivere (unico tra 6 fratelli) con i genitori. «Vado a vedere l'Inter» aveva detto. E da allora nessuno l'aveva più visto. La prima a insospettirsi della sua assenza fu la madre: Giovanni tornava sempre a dormire dai genitori. Così, quella stessa sera, la signora Natalina prova a telefonargli. Il cellulare di Ghilardi squilla a vuoto per due giorni, poi probabilmente si scarica. Così l'8 gennaio la famiglia sporge denuncia di scomparsa. Poco più di un mese dopo il macabro ritrovamento del cadavere dell'uomo. Le indagini vengono affidate ai carabinieri del gruppo di Monza.
Il mese scorso il quotidiano l'Eco di Bergamo ha raccontato che secondo i giudici orobici il «Ragno» Zambetti e Ghilardi nel 2009 erano stati denunciati dai titolari di una ditta milanese di serramenti (con sede anche a Bergamo) e da un loro dipendente. Che avevano raccontato agli inquirenti di essere rimasti vittime dei due amici alla fine del 2008. Quando il Ragno e Ghilardi avrebbero concesso alla loro società 150mila euro con un tasso d'interesse del dieci per cento mensile. Poi, l'anno successivo, in tre occasioni, Ghilardi e Zambetti avrebbero cercato di recuperare il denaro minacciando di morte i due fratelli e pestando il dipendente. Obbligando così, sempre secondo l'accusa, gli imprenditori milanesi a versare «20-30mila euro in denaro e altri beni di valore».
I titolari della ditta di serramenti e il loro dipendente insistono di essere rimasti vittime di Zambetti anche dopo la morte di Ghilardi. Ma se è allora che, anche grazie a una serie di intercettazioni telefoniche, gli investigatori monzesi cominciano a collegare, ormai senza ombra di dubbio, l'omicidio dell'imprenditore edile bergamasco allo strozzinaggio, succede qualcosa che spiazza tutti. Uno dei due fratelli titolari della società milanese e il dipendente, nel giugno scorso, vengono infatti arrestati con le stesse accuse lanciate ai loro supposti persecutori, usura e tentata estorsione. Per la Dda di Milano, infatti, la ditta in questione - con legami anche con la criminalità organizzata - avrebbe prestato un milione di euro a Ghilardi, costretto a restituire mezzo milione in più. E quando l'uomo aveva cercato di sparire, nel 2009, era stato rintracciato e picchiato duramente.
Per incriminare chi ha ucciso il 42enne imprenditore bergamasco o, comunque, chi ha deciso di toglierlo di mezzo per sempre assoldando un killer, però, al momento non ci sono ancora elementi sufficienti. E forse non ci saranno mai.
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