In attesa che il sogno della Grande Brera diventi realtà, un nuovo colpo di scena sulle sorti della Pinacoteca dei milanesi arriva dalla riforma del ministro Franceschini che l'ha inserita tra i 20 musei italiani che godranno piena autonomia e la cui direzione sarà oggetto di un bando internazionale. Proprio come avviene per grandi istituzioni come la National Gallery o la Tate. Per la selezione il Mibact si avvarrà di una commissione composta da cinque esperti, l'intera procedura si concluderà entro il 15 maggio e a partire dal 1 giugno i 20 musei avranno i nuovi direttori che resteranno in carica per quattro anni. Sandrina Bandera, sovrintendente di Brera dal 2008, non nasconde la sorpresa. «Non ho ancora finito di leggere il bando, però a una prima occhiata...»
A una prima occhiata?
«Mi pare corretto, asciutto, in linea con gli standard europei. Non enfatizzerei neppure più di tanto il carattere internazionale perchè ci limitiamo ad allinearci, finalmente, a quello che avviene nei Paesi moderni».
Insomma, un passo avanti rispetto allo status attuale che la vede sovrintendente...
«Per una volta vorrei parlare da cittadina, e in questo decreto vedo un senso di novità che va al di là della storia di noi funzionari ministeriali, una storia seria e che merita rispetto sia ben chiaro».
Che cosa si aspetta da un futuro direttore «internazionale»?
«Avrà onori e oneri, e una responsabilità enorme da condividere con un comitato scientifico e uno amministrativo che dovranno far quadrare i conti. Se non saprà dotarsi di personale adatto, tutto sarà inutile».
Lei conosce Brera come le sue tasche. Che futuro vede nel medio termine dopo questo decreto?
«Anzitutto si verificherà una riduzione del personale, mi riferisco soprattutto ai funzionari perchè i custodi, che ammontano a un centinaio, resteranno in forze al museo. Tre dirigenti andranno in pensione ad aprile, mentre altri potranno scegliere diverse destinazioni come gli uffici per la tutela del territorio. Ma credo che questa riduzione non sarà un male»
Perchè?
«Perchè il personale sarà più motivato e ci sarà più attenzione alla qualità. Ovviamente il nuovo corso dovrà spingere su settori come la comunicazione, il fund raising e il design, oltre che dotarsi di un ufficio amministrativo brillante».
Dimentica l'annoso problema sindacale, da sempre una palla al piede anche per i nostri musei.
«Spezzo una lancia in favore del personale di Brera che con me si è sempre dimostrato disponibile anche nei giorni festivi ed è pronto alla sfida Expo».
Se il direttore fosse lei, con risorse e autonomia, da dove comincerebbe?
«Sul piano programmatico spingerei sulla linea già avviata che, nel 2014, ha fatto aumentare i visitatori del 20% (da 249mila a quasi 300mila), valorizzando la collezione della Pinacoteca e dei depositi attraverso mostre ad hoc. Lo scorso anno, con Bellini e Bramante, abbiamo compiuto uno sforzo enorme, e quando sarà pronto Palazzo Citterio si potrà fare molto di più».
Che altro farebbe?
«Poi darei slancio al contemporaneo creando strutture didattiche per i bambini, una nursery e un ristorante.
Mi piacerebbe seguire la linea del Pompidou che è un luogo di studio, di esposizione e di intrattenimento per i giovani. La fusione con la Biblioteca Braidense darebbe nuova linfa al progetto. Insomma farei come farebbe Maria Teresa d'Austria se vivesse a Milano nel nuovo millennio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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