E Macao ora si spacca in correnti e fronde

E Macao ora si spacca in correnti e fronde

«In questo momento crediamo sia giusto non parlare - si sono limitati a dire dal collettivo Macao - di domande ne sono state fatte tante, ma di risposte ne sono arrivate poche». Così sulla pagina facebook del collettivo «la trasmissione è sospesa». Dietro il silenzio stampa indetto fino a domani si nasconde la delusione, la difficoltà di un movimento sempre più confuso e diviso al suo interno, che è riuscito in una decina di giorni a mettersi contro l’amministrazione arancione e a perdere il consenso popolare. Delusi e spiazzati dal secondo sgombero in una settimana i lavoratori dell’arte hanno deciso di prendere tempo per decidere le prossime mosse, tra cui, si dice, la nuova occupazione. Il gruppo dirigente ha dato appuntamento a tutti per domani per la nuova assemblea pubblica, ma il malcontento serpeggia tra chi ha partecipato alla grande impresa Macao fin dall’inizio. E se in rete si sprecano commenti acidi e consigli al vetriolo, nella pratica nasce una fronda interna, un piccolo partito di dissidenti che si è riunito ieri pomeriggio per confrontarsi.
Il punto di partenze: le critiche al gruppo dirigente e alla modalità verticistica di gestire la questione. Undici i leader, lo zoccolo duro dei lavoratori dell’arte, che hanno imposto durante l’assemblea di lunedì notte lo stop alle comunicazioni e che «si trincerano dietro il silenzio anche con noi, eludendo le domande de non fornendo risposte. Chi avanza critiche viene accusato di “spaccare l’assemblea”». Eppure, sono state centinaia le persone che si «sono spaccate il culo tutti questi giorni, hanno dormito in tenda e sono andati a Palazzo Citterio anche se pioveva...anche noi siamo Macao - attaccano - ed è giusto che partecipiamo anche alla conoscenza». Sbagliata la comunicazione: «Perché stare in silenzio, di cosa hanno paura? Bisogna rispondere, invece, alle domande di tutti - polemizzano -: siamo riusciti a metterci contro completamente l’amministrazione e l’opinione pubblica che non ha capito il progetto».
Non è piaciuta nemmeno la scelta (decisa da un ristretto numero di persone) di occupare Palazzo Citterio. «Abbiamo sbagliato obiettivo, troppo ambizioso - dicono altri - non rispondeva nemmeno ai requisiti dello spazio di cui abbiamo bisogno». Ma è la filosofia sottesa a Macao a dividere: se il gruppo dirigente è interessato a fare politica e a compiere gesti forti per mettere in difficoltà l’amministrazione, così non è per i frondisti, più interessati all’aspetto artistico del progetto. «Scusate ma a me di dire a Ligresti che è uno str... non interessa». «A me il discorso di Palazzo Citterio e della Grande Brera non appartiene, non è mio» fa eco una ragazza.

Ecco allora che occorre «ripartire dall’identità di Macao, chiarire i nostri obiettivi, invece che vivere in continua emergenza, occupare spazi e farci sgomberare» perché «anche noi siamo Macao». Appuntamento a giovedì quando i frondisti presenteranno il loro documento all’assemblea.

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