"Ecco come il Trivulzio ha azzerato i contagi"

Il referente scientifico spiega come ormai il Pat sia Covid-free grazie a protezioni e diagnosi

"Ecco come il Trivulzio ha azzerato i contagi"

«Sono stati mesi duri, ora va molto meglio», con il pragmatismo dello scienziato Claudia Balotta parla dei risultati raggiunti nella lotta contro il Covid all'interno del Pio Albergo Trivulzio. Balotta, immunologa del Sacco a capo del team di scienziati che ha isolato il ceppo italiano del Coronavirus Sars-Cov-2 e nel 2003 isolò quello della Sars, è stata in questo anno critico referente scientifico del Pat e si è occupata della stesura delle misure per contenere la diffusione del virus. Arrivata qui al culmine dell'emergenza, con l'aumento dei decessi, ora commenta il traguardo di una struttura Covid free ormai da mesi.

Professoressa, come siete riusciti a debellare il Covid dentro il Trivulzio?

«La chiave sono state la protezione e la diagnosi, non appena è stato possibile metterle in campo. Lo scenario è cambiato totalmente il 16 aprile 2020, quando ci è stata data la possibilità di fare i primi tamponi. L'altra svolta è arrivata a fine marzo, quando abbiamo avuto a disposizione i Dpi per il personale».

Da qui cosa è successo?

«Sono subito partiti gli screening settimanali, mai cessati, di pazienti e operatori. Con tamponi molecolari e rapidi e appena possibile siamo passati ai tamponi di terza generazione, i più evoluti. Da ottobre non registriamo alcun caso di positività al Covid tra gli anziani della Rsa».

L'attenzione si è estesa a tutte le occasioni possibili di contagio.

«Con il contact tracing dei dipendenti, vale a dire l'anamnesi e i tamponi ai loro contatti stretti per individuare i cluster familiari. Con l'immediata e rigorosa separazione tra pazienti Covid, negativi e negativizzati. Da pochissimo, grazie ai vaccini, abbiamo riammesso gli incontri per la socialità ma in piccoli gruppi di 3-4 degenti al massimo e sotto vigilanza di un operatore. Poi le visite dei parenti: da quando sono potute riprendere gli ingressi sono stati comunque scaglionati e controllati, sempre con tampone rapido al visitatore. Aggiungerei la formazione intensiva del personale, per mesi ogni 15 giorni, attualmente ogni mese».

Nell'ultimo periodo molto è cambiato.

«È così. Da una parte con l'arrivo delle varianti la situazione si è complicata e le precauzioni sono aumentate. Dall'altra la decisiva campagna vaccinale partita il 27 dicembre. Tutti i nostri ospiti hanno ricevuto la seconda dose».

Qual è il suo bilancio del lavoro fatto?

«Considero il risultato raggiunto un grande risultato, siamo soddisfatti. La seconda ondata in Lombardia ha visto numeri anche più drammatici di quelli della prima. Non solo. In alcune Rsa della regione si sono registrati focolai di Covid. Invece noi siamo riusciti a proteggere i nostri pazienti. Al Trivulzio si è seguito uno standard elevatissimo di attenzione, non si è trascurato nulla, seguendo con rigore le indicazioni dell'Iss. Anche il riscontro delle famiglie è stato positivo.

All'inizio ci sono state senza dubbio difficoltà, dovute soprattutto a una pandemia improvvisa e sconosciuta. Ma poi è stato fatto di tutto. I risultati sono merito non di singoli, bensì della totalità degli operatori. Qui ognuno ha fatto il possibile, al Pat ho trovato una compattezza rara».

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