«In Lombardia il centrodestra ha trovato la formula per produrre risultati a tamburo battente, sempre in maniera unita». È forse da queste parole del coordinatore regionale di Forza Italia, Massimiliano Salini, che la coalizione dovrebbe ripartire, superando le divergenze quirinalizie. Anche perché «da sempre il benchmark per valutare il centrodestra in Italia è la Lombardia». E non tanto «come una formula elitaria da distaccare dal resto del Paese», ma come criterio per definire il vero cuore dell'alleanza, quella «cultura di governo» radicata sul territorio. E questo «dovrebbero capirlo anche alcuni compagni di viaggio».
Nessuna polemica però, né tantomeno paragoni con la situazione «completamente diversa» che il centrodestra vive a Roma. Ma una cosa è certa: «Forza Italia dice no a esperimenti neocentristi». Gli azzurri si sono riuniti martedì in un vertice a cui hanno partecipato esponenti lombardi e nazionali. Una riunione nella quale si è tornato a parlare di autonomia e alla quale hanno partecipato il coordinatore nazionale Antonio Tajani, la ministra Mariastella Gelmini e vari colonnelli di Fi, insieme a rappresentati della Regione come la vicepresidente Moratti, il capogruppo al Pirellone Comazzi, la coordinatrice milanese Rossello e il responsabile dei giovani Bestetti. «Bisogna plasmare la materia per come si presenta in questo momento e non per come potrebbe essere tra uno, due o tre anni». Per questo «qualunque esperimento che vada al di fuori della formula del centrodestra, al momento, è velleitario». Secondo Salini l'esigenza di costruire nuove proposte di centro «è piuttosto da attribuire a chi ha il problema di non toccare palla e non sa cosa inventarsi per cominciare a farlo. Ma noi siamo in campo da protagonisti e non abbiamo bisogno di esperimenti da mendicanti del potere». Gli azzurri non hanno nessuna intenzione di «inventare qualcosa di artificioso», piuttosto «vogliamo assecondare un metodo di lavoro che si è dimostrato sempre vincente, fin dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi».
Ma c'è un'altra «ragione storica» che induce Salini a ritenere che queste siano formule «non percorribili». E cioè «che il centro in Italia non c'è mai stato. Certe nostalgie mi sembrano figlie di un'interpretazione sbrigativa della storia di questo Paese». Tornando in Lombardia, il coordinatore regionale non ha dubbi. Alle amministrative di quest'anno il centrodestra sarà compatto quasi ovunque, «soprattutto nelle grandi città, dove l'unità è una sorta di imperativo categorico». Nessun problema a Monza e Lodi, ma nemmeno a Como, nonostante qualche frizione tra gli alleati sull'attuale sindaco, Mario Landriscina: «Si sono scatenate delle discussioni. Vediamo quale sarà la conclusione. Ma credo proprio che una quadra la troveremo rassicura Salini Su lui o su altri». E tra un anno ci sarà anche da difendere il Pirellone dall'assalto del centrosinistra. «Una vittoria non è mai scontata tiene alta la guardia dobbiamo meritarla sul campo». Ad ogni modo «non è una questione di numeri, sulla quale siamo in vantaggio e credo ci rimarremo», ma di proposte e di metodo di lavoro: «In Lombardia abbiamo un'ulteriore responsabilità rivendica siamo d'ispirazione per le migliori politiche nazionali. Un'Italia forgiata sul nostro modello costerebbe 30 miliardi di euro in meno all'anno». Il lavoro non manca, così come le emergenze da affrontare, su tutte i rincari dell'energia che strozzano le imprese: «In particolare sui costi delle materie prime in tutti gli ambiti industriali.
Come Forza Italia faremo un'iniziativa su questo nel prossimo mese». Adesso è il momento di «ristorare le aziende», compensando sui costi indiretti per calmierare i prezzi, «cosa che la Germania ha sempre fatto per la sua manifattura».
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