Far west al mercato dei verdurai Rissa a colpi di spranga per i posti

In via Borsi, al Ticinese, ne hanno le tasche piene da un po'. «Tutti i mercoledì la stessa storia - spiega la Teresa, parrucchiera biondo platino con negozio e vetrina sulla strada -. Gli stranieri si picchiano come dei selvaggi per un posto al mercato. Sono sempre gli stessi, quelli del Bangladesh, gli ortolani».
«Usano di tutto - le fa il verso Elio, rigattiere -: mazze di ferro, mazze di legno, si tirano calci e pugni. Poi compaiono i coltelli. E le minacce...Noi italiani non capiamo niente di quel che si dicono, ma hanno gli occhi che sprizzano una rabbia...Una paura!!! È chiaro che poi ci attacchiamo al telefono e chiamiamo in massa il 113, il 112, chi capita. Qui, prima o poi, ci scappa il morto, vedrà!».
Impossibile non dare ragione a Teresa e a Elio. A cui si unisce un coro di residenti, un po' esasperati, ma anche molto incuriositi. Tutti si chiedono infatti perché questi stranieri, tutte le settimane, siano disposti a farsi fuori per un posto al mercato. E si «menino» con tanta determinazione e violenza al punto che, se davvero un giorno, come dice la Teresa, ci scappasse il morto, nessuno ormai si stupirebbe più di tanto.
È successo anche mercoledì, poco dopo le 7.30. E stavolta la polizia, arrivata in forze sul posto dopo una raffica di chiamate giunte al 113, di bengalesi ne ha arrestati quattro, tra i 24 e i 37 anni. Tutti accusati di rissa aggravata. Altri tre sono stati indagati. «I restanti sono scappati» spiegano all'ufficio prevenzione generale, che coordina le volanti.
In effetti in questura non danno molti elementi sulla vicenda, pochi gli spunti di riflessione. Si parla in maniera generica di due gruppi contrapposti di venditori di frutta e verdura, tutti ambulanti regolari, nessun abusivo. Si dividono, come accade in tutti i mercati rionali, i posti vacanti, quelli che restano liberi perché il titolare vero quel giorno non c'è. Ed è sempre una lotta all'ultimo coltello.
«Beh, per loro è lavoro, ne va della sopravvivenza» ci spiega il vigile di zona Mario, incredulo davanti alla sorpresa dei residenti che li trovano «tanto violenti». «Non ci sono regole - continua Mario -, chi primo arriva...Solo che poi c'è chi non ci sta, c'è chi si ribella. E allora spuntano le mazze...Mica li giustifico, eh! Non mi metta in bocca parole che non ho mai detto, per carità. Ma, ripeto: questi se non lavorano non mangiano né loro né i loro figli».
Si perché mercoledì, sempre a sentire la relazione della polizia, i due gruppi che si contendevano la bancarella, se le sarebbero date di brutto. Tant'è che, al loro arrivo, gli agenti hanno trovato a terra una mazza di ferro da 85 centimetri e una di alluminio lunga un metro. Certo, non è criminalità organizzata: i feriti, medicati alcuni sul posto altri al pronto soccorso, erano tutti «codici gialli», cioè niente di grave e prognosi di una manciata di giorni al massimo, subito dimessi. Ma è chiaro che anche questi bengalesi non scherzano.
«Dovrebbero impedire che arrivassero così ai ferri corti» sentenzia piccata Tonia, 82 anni e dritta come un fuso. Che assicura di aver «visto tutto, ma proprio tutto» dalle finestre di casa. «Ma non scriva come mi chiamo che poi mi vengono a prendere e le mazzate le rifilano pure a me» ci implora la vecchietta.


Quasi tutti, come Tonia, mercoledì hanno visto tutto in via Borsi. Nessuno, però, ci vuol dare il cognome. «Abbiamo paura - conclude Elio -. Lo so che questi bengalesi non se la prendono con gli italiani, ma non si può mai dire...». Già, non si può proprio mai dire.

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