Fontana incassa gli applausi sul palco della Lega. E "riparte" dall'autonomia

Il governatore a Roma pressa sulla riforma: "Lombardi stufi di essere presi per i fondelli, non ruberemo un euro al Sud"

Fontana incassa gli applausi sul palco della Lega. E "riparte" dall'autonomia

«Grande Attilio». Il governatore Attilio Fontana viene accolto da urla e applausi sul palco de «L'Italia che vogliamo», la kermesse organizzata ieri a Roma da Matteo Salvini. Il giorno dopo il proscioglimento dalla accuse sul «caso camici» torna alla carica su un tema che gli sta a cuore, l'autonomia per i lombardi che «sono un po' stufi di essere presi per i fondelli sui costi storici. L'autonomia è una sfida, una scommessa che le Regioni devono assumersi nei confronti del Paese perché «così non va bene. Le differenze tra nord e sud si stanno accentuando e stanno drammaticamente diventando irreversibili». Fontana ne parla accanto al ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini. Fa anche una proposta per superare la burocrazia che deriva da una suddivisione di competenze tra Stato e Regioni non sempre efficace: «Basterebbe porre accanto a un obbligo una sanzione - ha spiegato - il governo si impegna entro 12 mesi a realizzare i costi standard, se non li dovesse realizzare la Regione viene finanziata con la media delle spese nazionali. Noi abbiamo sempre cercato di risparmiare e ora ci troviamo penalizzati. Se andiamo avanti così e inseriamo gli indici di vulnerabilità per risolvere i problemi di questo Paese, le tante persone intelligenti e capaci del Sud scappano». L'autonomia, ribadisce, «serve a mettere tutti alla prova, se sei capace di fare l'amministratore vai avanti sennò fai un altro mestiere, vai a casa. Noi assicuro che non ruberemo un euro al sud». E Fontana sembra ormai proiettato a correre per fare lo stesso «mestiere» per altri 5 anni dopo la serenità che gli ha dato il Gup che non l'ha mandato a processo sul «caso camici» perchè «il fatto non sussiste». Più tranquilli anche i leghisti, che preferirebbero evitare di aprire il dossier della ricerca di un altro candidato che - con i rapporti ancora più tesi in questo momento con FdI - rischierebbero di replicare la telenovela sul toto-nomi che ha portato male a Milano. E farebbe perdere un vantaggio innegabile sul Pd al Pirellone. Anche le alternative più papabili in campo, quella della vicepresidente Letizia Moratti o del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti (che ha già dichiarato l'endorsement per il Fontana bis venerdì, augurandogli buon lavoro per i prossimi 5 anni) non passerebbero senza discussioni.

Il centrodestra può risparmiarsi anche una campagna giustizialista da centrosinistra e 5 Stelle nei Comuni al voto il prossimo 12 giugno, da Sesto San Giovanni a Como o Monza. «Premesso che nessuno ha mai messo in dubbio l'onestà del presidente Fontana, il non rinvio a giudizio allontana quegli scheletri che altri hanno costruito e non dà modo alla sinistra, come è accaduto altre volte, di creare una macchina del fango sulla questione giudiziaria» afferma il commissario cittadino della Lega Stefano Bolognini.

«Forse fa riflettere - sottolinea - che da sinistra non solo non abbiano chiesto scusa ma continuino ad attaccare in maniera violenta. Un segnale di debolezza? Probabilmente sì». Nei Comuni lombardi al voto «c'è un'alta qualità e un ottimo livello dei candidati sindaci e questo ci fa essere molto positivi».

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