Quel giorno, alla fine di marzo di sei anni fa, l'evento fu salutato come «un chiaro successo per l'Italia». L'allora presidente del Consiglio Romano Prodi, idealmente a braccetto con l'ex sindaco Letizia Moratti, festeggiò la vittoria di Milano sulla turca Smirne. Il Bie - il Bureau international des exposition - aveva appena assegnato al capoluogo lombardo l'Expo. Da quello stesso giorno, con tutta evidenza, il malaffare iniziò a cercare un posto al tavolo del 2015 per garantirsi una fetta della colossale torta. E ci riuscì. Perché il sogno di un Expo «mafia-free» - slogan abusato dalla politica - durò il tempo di un amen. Sei mesi, dopodiché un pm aprì un fascicolo per sondare gli abboccamenti della criminalità con politici e imprenditori, le prime mosse verso i mega-appalti e la pioggia di milioni che l'Esposizione avrebbe garantito.
Fu la procura di Varese, nel settembre del 2008, a mettere sotto intercettazione il rappresentante al Nord di una cosca calabrese, e a scoprire che la 'ndrina stava spostando i proprio interessi dal traffico di stupefacenti alle commesse di Expo. Ecco, era solo l'inizio di un calvario lungo fino a oggi, fino all'interdittiva firmata dal prefetto sulla scorta delle indicazioni della Direzione investigativa antimafia(...)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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