Ha perso la vista, ma ora gira un film

Il regista Moscati: «Ecco come la tecnologia può aiutare i disabili»

Gabriele Borzillo

Acromate e fotofobico. Questo il responso dopo sette lunghissimi anni di visite mediche in giro per l'Italia. In pratica, la condanna ad una vita da non vedente, o quasi. Da subito. Perché Mauro Moscati, trentasette anni e non sentirli, riesce solamente in determinate circostanze a scorgere un'ombra, rigorosamente in bianco e nero. Il mondo a colori, per lui, non esiste. E, a oggi, non esiste nemmeno una cura medica o un intervento col quale possa sperare di tornare a vedere. Mauro però non è uno che si abbatte, ha un carattere forte e lo dimostra fin dall'infanzia. Va a scuola senza insegnante di sostegno, alle superiori decide di studiare elettronica, si iscrive all'Università in Ingegneria Informatica e tra cinque esami avrà raggiunto la meta agognata. Insomma, un uomo che ama confrontarsi con le sfide che la vita gli ha messo davanti. Fino all'ultima, quella più strana e per certi aspetti incredibile: dirigere un film. Primo non vedente a cimentarsi in un'esperienza del genere, per quel che ci è dato di sapere.

«L'idea racconta Mauro era in cantiere da un paio d'anni. Ed è nata principalmente per tre ragioni. Due mi riguardano direttamente, o riguardano il mondo dei disabili in generale, e sono: le potenzialità che ogni disabile può avere e come la tecnologia lo può aiutare nella quotidianità. L'altra, la terza, vuole essere uno spaccato delle difficoltà che qualunque giovane si trova ad affrontare entrando nel mondo del lavoro».

Sicché, aiutato dalla famiglia («mi ha sempre supportato in tutto quello che ho deciso di fare nella vita» ci tiene a specificare Mauro) scrive, produce, interpreta e dirige un film che verrà proposto nei vari concorsi cinematografici.

Perché Abile 2.0, questo il titolo dell'opera che nell'edizione corto dura venti minuti, racconta la storia di Sofia, aspirante giornalista interpretata da Tabata Caldironi, alla ricerca della notizia che le consenta di entrare in pianta stabile all'interno di una redazione. Casualmente Sofia si imbatte in Dario, Mauro Moscati per l'appunto, e sospettando che la cecità del ragazzo sia una semplice scusa inizia a pedinarlo finché non si accorge che Dario tutto può essere fuorché un falso invalido.

La domanda nasce spontanea: scusa, Mauro, ma come è possibile dirigere un film? Come puoi decidere quali parti tagliare, come riprendere le inquadrature o le espressioni degli attori? «Chiaro che parliamo di un lavoro di gruppo dice Moscati di cooperazione totale tra me ed il cast. A partire dall'operatore, mio padre, per arrivare agli attori. Io do delle indicazioni su come desidero che sia svolta la scena. Poi, con l'aiuto di chi mi circonda, decido se una situazione va girata di nuovo oppure no. Mentre sui tagli, la versione integrale del film dura quarantacinque minuti, avendolo scritto conosco a memoria battute ed episodi. Così è stato facile, ad esempio, scegliere come mettere insieme il corto. Io indicavo, mia cugina eseguiva».

Ma il budget? «Te l'ho detto spiega -, auto produzione». Si, ma chiedere qualcosa? Che so, al Comune, alla Regione... «Guarda, sinceramente non ci ho nemmeno provato. Non mi ci vedevo ad andare a chiedere del denaro.

Mi sono chiesto: io darei dei soldi ad un non vedente per dirigere un film? Quindi ho desistito» rivela, quasi ridendo di gusto.

Ci lascia con una domanda che giriamo a voi: ma cosa è abile e cosa no? Perché chiunque di noi ha delle abilità e delle disabilità. E delle prime dobbiamo approfittarne. Sulle seconde ci dobbiamo lavorare.

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