All'indomani dell'ennesima doccia fredda, la decisione di annullare il Salone del Mobile e rimandarlo ad aprile 2021, il mondo del design si interroga sul proprio futuro. Ieri il sito Fuorisalone.it, piattaforma ufficiale del Fuorisalone, ha annunciato nuovi progetti digitali in programma per giugno, e in molti si stanno mobilitando per creare iniziative digitali che daranno voce e visibilità alle aziende, ma non sarà come essere davvero al centro delle cose, al centro del mondo, in quella che è la settimana più importante al mondo per il design e che fa di Milano la capitale del design.
«Ci abbiamo messo degli anni a diventare quel che siamo diventati per il design e il design a diventare quel che è diventato per la città: il motore che ha mosso tutto quel che succede attorno, perché la settimana del mobile presa come modello di tutte le week di Milano ed è molto importante che continui a essere quello che è stato», spiega Gisella Borioli, fondatrice del Superstudio che dal 2000 ha trasformato un quartiere periferico in una zona nevralgica per il design, Zona Tortona, e che ha generato i distretti della design week. In altre parole: «Dobbiamo tenere alto questo baluardo, e stare ben compatti: Salone e Fuorisalone insieme sono diventate una corazzata, separandosi potrebbero rischiare entrambi un indebolimento. Teniamo ben stretta la regia e la sinergia fra Salone e Fuorisalone», il che non vuol dire non pensare a cose nuove e alternative.
Al centro di tutto ci sono le aziende, ricorda Gilda Bojardi, direttore della rivista Interni che nel 1990 fa lanciò il primo Fuorisalone milanese, allora battezzato Design Week Milano, e che negli anni ha trasformato la Statale in una meta imprescindibile per comprendere il presente e il futuro del design. «Dobbiamo soprattutto essere al fianco delle aziende: in questa situazione così problematica dobbiamo aiutarle nella divulgazione dei loro prodotti, del loro lavoro, ma possiamo fare solo ipotesi: la prima era di fare il Salone a giugno, ora per ipotizzare altre realtà bisognerà aspettare».In molti indicano settembre o l'autunno per un possibile nuovo appuntamento con il design, ma sarà possibile? «Nel secondo semestre dell'anno sicuramente la circolazione delle merci sarà ripresa, ma per capire se la gente potrà adunarsi e possa essere al sicuro, bisognerà vedere come si sviluppa la ripresa dei Paesi che ne stanno uscendo, come la Cina. L'obiettivo è far tornare a vedere e toccare il prodotto nei punti vendita, negli showroom, con le presentazioni in città. Se il Salone non potrà esserci, bisognerà mettersi d'accordo con tutti gli attori, dalle aziende al comune di Milano e vedere cosa fare per la città. Potrebbe esserci un evento più nazionale, se si potrà fare. Se i prodotti saranno pronti, ci dovrà essere la possibilità di farli vedere in sicurezza».
«Stiamo pensando tutti a come tenere accesa l'attenzione su Milano capitale del Design, con eventi più locali magari», aggiunge Borioli. Anche per evitare che altre città rubino a Milano questo suo ruolo cruciale. Nel pianeta esistono almeno 50 design week, e, fa notare la fondatrice di Superstudio, «tante organizzazioni stanno cercando di approfittarsi della nostra debolezza. Ora noi possiamo fermarci un attimo e capire di cosa c'è bisogno e qual è il prossimo passo da fare». In un momento in cui tutto è incertezza e il lavoro di tutti è diventato «smart», ci si chiede anche fino a che punto il digitale possa «sostituirsi» alla realtà. Le riviste di settore come Interni sono pronte per raccontare le novità anche sul digitale, già a giugno, come era stato previsto «e se le aziende lo vorranno» e Fuorisalone.it creerà delle vetrine virtuali. Ma «trasferire tutto quel che è il Fuorisalone nel virtuale è impossibile», prosegue Borioli. «Il Fuorisalone è emozione, contatto interattività, calore umano, scambi fra persone, viaggi, tutto il mondo che si confronta. Virtualmente si raccontano storie, però».
E intanto, anche se è presto, si pensa al dopo. «A me sarebbe piaciuto molto fare il salone anche nella versione estiva di giugno: ci sarebbero stati molti investimenti con un ritorno più basso, sarebbe stato un Salone un po' meno pimpante, meno visibile, però ci sarebbe stato», confessa l'architetto Piero Lissoni.
Ma l'unico modo per sopravvivere, secondo l'architetto è sperimentare: «Abbiamo dedicato parte delle giornate dello studio a progetti sperimentali a tutti i livelli: che siano di grafica, architettura e design. I nostri team, oltre ai progetti in corso a cui continuiamo a lavorare, sperimentano. Se non ci lasciamo prendere dal panico, un briciolo di sperimentazione ci permetterà di ripartire a testa alta».
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