Occupazione collettivo Lambretta, seconda puntata. Tra polemiche, manifestazioni, blitz, sgomberi e nuove occupazioni, non sembra destinata a finire tanto presto la vicenda legata alle due villette dell'Aler all'angolo tra piazza Ferravilla e via Apollodoro, a Città Studi, occupate abusivamente per 6 mesi. Una situazione che vede da una parte le forze dell'ordine, che martedì hanno materialmente realizzato lo sgombero dei ragazzi del collettivo dietro la formale querela inoltrata da Aler per riavere il possesso di quegli stabili. E dall'altra i ragazzi, spalleggiati dall'amministrazione comunale e, ora, anche dalla Cgil. Dopo una giornata costellata da ben due cortei di solidarietà - il primo partito alle 9.30 da piazza Leonardo da Vinci e terminato (passando rigorosamente davanti alla sede di Aler di viale Romagna 26) in piazza Ferravilla e l'altro, alle 19, che ha seguito il percorso inverso - ieri sera gli autonomi del collettivo hanno occupato un nuovo stabile a Città Studi. Si tratta della sede dell'Istituto Rizzoli per l'insegnamento delle arti grafiche in piazza Giuseppe Occhialini - all'incrocio tra via Giuseppe Colombo e via Sandro Botticelli - una palazzina di 3 piani attualmente abbandonata. e a due passi dalle villette dell'Aler.
Dopo aver sciolto la manifestazione terminata in piazza da Vinci alle 19.40, infatti, il «Lambretta», con un blitz, ha fatto irruzione nello stabile. Una quindicina di ragazzi del collettivo hanno aperto con una fresa il cancello principale dell'ex istituto tecnico. Quindi, passando dalle finestre del primo piano sono andati sulla pensilina che protegge la porta principale e hanno lanciato in strada alcuni fumogeni in segno di vittoria, per poi appendere davanti alla facciata uno striscione con la scritta «Il Lambretta paura non ne ha».
Tutto è cominciato poco prima delle 19. Quando i tre ragazzi del Lambretta che avevano fatto resistenza allo sgombero, abbarbicandosi per una notte sul tetto di piazza Ferravilla e che in mattinata avevano confermato l'intenzione a restare lì un'altra notte, ci hanno ripensato e sono scesi. Già qualche ora prima avevano buttato giù il cibo che si erano portati dietro, un gesto che aveva fatto immaginare la loro resa imminente. Poi, però, uno di loro, Matteo, aveva insistito per ribadire le ragioni di quella scelta, di quel gesto simbolico. «Vogliamo che passi il discorso che gli spazi sociali sono una risorsa e non un problema di ordine pubblico» aveva dichiarato al telefono il ragazzo parlando ai giornalisti. In serata, quindi, Mirko Mazzali, consigliere comunale di Sel (Sinistra ecologia libertà) è salito sul tetto con loro poco prima che i tre decidessero definitivamente di scendere.
«L'ho fatto in qualità di avvocato - ci ha tenuto a precisare Mazzali che a lungo ha rappresentato come legale gli autonomi milanesi in molte cause -. Non li ho convinti io a scendere dal tetto. Semplicemente, prima di fare quella scelta, volevano delle rassicurazioni. Desideravano essere certi che, una volta giù, nessuno li aggredisse per portarli in questura».
E così è stato: nessuno li ha nemmeno sfiorati. Per tutta risposta, riunitisi nuovamente in corteo, a quel punto i ragazzi del collettivo hanno annunciato l'intenzione di occupare un nuovo spazio, sempre a Città Studi.
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