Lingue, turni e sacrifici e il personale latita

L'allarme di albergatori e ristoratori: "I giovani? Poco motivati e preparati"

Lingue, turni e sacrifici e il personale latita

Milano si prepara a rialzare la testa sul fronte del turismo con presenze che ad aprile hanno già raggiunto i livelli pre Covid (in aprile gli arrivi sono stati 789mila, rispetto ai 178.295 dello steso mese del 2021 e agli 878.602 del 2019) e una grandissima attesa per il Salone Internazionale del Mobile che aprirà i battenti, dopo 2 anni, alla fiera di Rho il 7 giugno, i grandi concerti sono tornati a affollare teatri e a far tremare San Siro e l'Ippodromo e ci si prepara alla fashion week di giungo e settembre. L'80 per cento delle stanze in città è già prenotata, ma il problema è che manca il personale. In difficoltà albergatori e ristoratori accomunati dalla sfida presente e da un fenomeno legato alla pandemia: la fuga dei propri dipendenti. «Dopo due anni di pandemia con bar e ristoranti aperti a intermittenza, con orari diversi e mille vincoli, il settore si è dimostrato estremamente precario: molti dipendenti si sono spostati su altri lavori che offrivano più certezze e stabilità economica. Ovviamente quei dipendenti non sono tornati indietro» spiega Lino Stoppani, presidente di Epam associazione dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio. Un fenomeno che ha interessato anche il mondo alberghiero: «I nostri dipendenti, spaventati dalle continue chiusure e incertezze, hanno abbandonato trovando lavoro in settori più stabili come supermercati e ristoranti - spiega Maurizio Naro, presidente di Apam, l'associazione degli albergatori milanesi di Confcommercio-. quando sono ripartiti grazie ai dehor. Altri, durante la cassa integrazione, sono tornati nel paese di origine e vivono con il reddito di cittadinanza».

Secondo il rappresentante dei ristoratori milanesi il tema della difficoltà di trovare dipendenti è legato alla «scarsa considerazione del mestiere»: «Fare il cameriere viene considerato un lavoretto. A parte la professione del cuoco che è diventato attrattivo per le trasmissioni tv, il problema è culturale - spiega Stoppani -: bisogna trasmettere tutti i valori che si celano dietro il mondo della ristorazione ovvero la cultura, l'eccellenza italiana (il cibo è il secondo motivo per cui gli stranieri vengono nel nostro paese e il primo motivo per cui ritornano), ma bisogna trasmettere questi aspetti anche ai giovani». Per Stoppani, infatti, non è tanto una questione di mancanza di spirito di sacrificio o di desiderio di retribuzioni più alte (lo stipendio medio di un cuoco di quarto livello da contratto è di 1.562 euro al mese, per 14 mensilità con la maggiorazione domenicale del 30 per cento, così per un cameriere e un responsabile di sala di quarto livello), ma di motivazione: «La colpa è nostra, se si parla di lavoro solo in termini di contrapposizione di diritti e doveri non si va da nessuna parte, bisogna fare un salto culturale e iniziare a ragionare sul fatto che nel lavoro ci si forma, ci si realizza e ci si completa».

Per quanto riguarda le retribuzioni nel settore alberghiero un sesto livello, che è quello base, prende 1.200 euro netti al mese con una maggiorazione per domeniche e festivi e il turno notturno, un primo livello (quindi il livello più alto) supera i duemila euro netti al mese per 14 mensilità: si tratta di front office manager, maitre e governante, per poi arrivare al responsabile prenotazione, vicedirettore e responsabile commerciale. «Il lavoro in albergo offre garanzie di carriera: anche chi parte dal livello più basso può diventare general manager di un grande albergo, abbiamo tanti esempi in catene internazionali. Così come, se per certe posizioni è ormai richiesta la laurea, il lavoro si costruisce facendo la gavetta in albergo - spiega Naro -ma il problema è che non basta e che i ragazzi non hanno voglia di far sacrifici a partire dal lavorare su turni e nel week end. Superato il colloquio solo un terzo accetta». L'insicurezza è un altro elemento che non gioca a favore: per potere lavorare negli alberghi è obbligatorio sapere due lingue straniere, di cui l'inglese è imprescindibile, ma i ragazzi non sono all'altezza. «Il problema maggiore lo riscontriamo sulla sala: una volta venivano a fare i camerieri o i portieri di notte gli studenti fuori corso che avevano bisogno di pagarsi l'affitto, ora non vengono più.

Quindi se il lavoro di cuoco è diventato più appealing - continua Naro - anche se richiede sacrifici certamente maggiori rispetto al lavoro di sala, non tutti accettano. Lavorare in albergo significa mettersi al servizio delle persone, cosa che non a tutti piace».

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