«La mia danza entusiasma perché è un inno alla vita»

Il coreografo David Parsons porta in scena il suo repertorio. Nella compagnia ora anche un'italiana

Ferruccio Gattuso

I corpi che dialogano in movimento nello spazio reale e, cosa ancor più affascinante, in quello immaginario, suggerito dai giochi di luce e di prospettiva. É questo il segreto dell'eterna ma sempre cangiante formula di «Parsons Dance», la compagnia americana nata dal genio creativo di David Parsons in collaborazione con il light designer Howell Binkley: da oggi fino a domenica (ore 21, domenica ore 16, ingresso 37-17 euro più prevendita, info 02.64.11.42.21) passa al Teatro degli Arcimboldi una delle molte tappe dell'Italian Tour 2017. Da sempre le creazioni di Parsons Dance hanno trovato terreno fertile nel nostro paese, e non a caso il rapporto del coreografo americano con l'Italia è particolare. Sarà per quel sentimento di positività e di vitalità che David Parsons comunica nei suoi spettacoli: «Il mio stile - spiega il coreografo - piace perché le persone percepiscono il mio ottimismo di fondo e la mia gioia di vivere. Il pubblico, oggi più che mai, ha bisogno di questo». Curioso ma indiscutibile: l'ottimismo è una categoria del pensiero, dovrebbe essere qualcosa di impalpabile, eppure David Parsons riesce a dare ad esso una fisicità spettacolare. Che esplode in quella ricetta di danza e atletismo che è ormai un marchio di fabbrica per il coreografo non a caso nato ginnasta: «La ginnastica con la danza alimenta il virtuosismo ama spiegare Parsons - Da quando sono giovane ho sempre amato saltare nell'aria: l'idea del volo mi ha sempre affascinato». L'ultimo spettacolo in arrivo agli Arcimboldi propone un repertorio variegato, tra «hit» e novità: non può mancare la richiestissima «Caught», numero «antigravitazionale» creato dallo stesso Parsons per sé stesso sulle musiche di Robert Fripp (il coreografo abbandonò la danza a 42 anni dopo aver lavorato con le più grandi compagnie, dai Baryshnikov's White Oak ai Momix, dal New York City Ballet a Paul Taylor), così come classici sono «Hand Dance» e «In The End». Una prima europea è «Finding Center», creata nel 2015 su musiche di Thomas Newman, mentre un'anteprima europea è «Unexpected Together» (2017), coreografata da Parsons con Ephrat Asherie, su musiche originali di Marty Beller. Andati in scena in più di 383 città di ventidue Paesi sparsi per cinque continenti del pianeta, i Parsons Dance sono ormai un'istituzione della modern dance: oggi, tra le file della compagnia, spicca il nome di Elena D'Amario. La danzatrice italiana è stata scelta da David Parsons proprio per il numero di culto «Caught»: «Elena spiega il coreografo statunitense - ha la stessa potenza di un uomo ma è una donna di una bellezza straordinaria, è una figura quasi androgina». Pescarese, dopo studi di danza moderna, classica e tap, Elena D'Amario a soli diciannove anni, nel 2010, ha vinto una borsa di studio di un anno presso la Parsons Dance a New York. Da quel momento la sua carriera si è legata alla compagnia: «Quando David mi offrì il contratto - spiega la danzatrice - mi chiese se fossi davvero certa di voler mollare tutto per intraprendere la carriera, perché i sacrifici sarebbero stati molti. Non ho avuto dubbi. Oggi vivo a New York: e pensare che, quando vi arrivai, ero sola e non parlavo una parola di inglese».

Se oggi Elena interpreta il difficilissimo «Caught» - duecento salti in una manciata di minuti: solo tre danzatori e atleti dal 1982 ad oggi l'hanno portata in scena significa che certi corpi riescono a comunicare meglio della lingua. «Interpretare questo assolo è una responsabilità artistica, fisica, mentale. - conclude Elena - Ogni volta è per me una sfida, per spingersi oltre i propri limiti e gestire l'ansia».

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