Milano dimenticata in sessanta scatti

Luoghi dimenticati, che un tempo erano scuole, aziende, centri sportivi o edifici pubblici. Si ergono in mezzo al nulla di una città che di loro non vuol più sapere, quasi in posa davanti all'obiettivo di un fotografo italo-finlandese che vive, lavora e fa ricerca nella «sua» Milano. Lui è Giovanni Hänninen, una formazione da ingegnere aerospaziale, ma docente di Urban photography presso il dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico. Classe 1976, collabora con diverse riviste italiane e internazionali, ha realizzato indagini fotografiche di architettura per varie istituzioni ed è fotografo di scena della Filarmonica del Teatro alla Scala.
Il suo progetto «Città in attesa», composto attualmente di 60 immagini 40x50 corredate da testi di Alberto Amoretti, fu presentato da Gabriele Basilico nella mostra 20x20 alla Fondazione Casa Testori nel giugno del 2012. Il lavoro ha girato l'Italia ed è stato nella meneghina Galleria Belvedere che oggi sta ospitando uno scatto nell'ambito della rassegna «Prima Visione 2013», collettiva di autori aperta fino all'8 marzo.
È uno sguardo sospeso e carico di tensione quello che Hänninen riserva ai suoi edifici in disuso. «Vede – racconta l'autore – io faccio l'ingegnere, di norma sono poco emotivo e molto preciso. Ma quando sono su questi luoghi mi sento come un bimbo in un parco giochi perché hanno la potenzialità di essere qualunque cosa. È come la Teoria del Terzo Paesaggio di Gilles Clément: c'è il paesaggio urbano, poi la natura, e infine ciò che si trova nel mezzo. Sono siti al di fuori dalle regole, abbandonati, dove puoi scrivere sui muri, piantare una tenda, giocare o fare quel che ti pare. Noi viviamo sempre sotto pressione, enormemente strutturati da regole. Ognuno dei luoghi che ho fotografato è contenitore di potenzialità, di vita, di una forza che se solo la si scorge ci si innamora. Sarebbe bello poterli aprire, dargli libertà, pensare che possano rivivere. Ma non ho un approccio romantico. Esiste un progetto di ricerca di interesse nazionale, si chiama Recycle Italy e coinvolge diverse università. Io sono responsabile della parte iconografica per il Politecnico di Milano. Stiamo cercando di capire i cambiamenti del territorio, della cementificazione estrema».
Lo Spazio Forma nel 2011 accolse parte di questa sua ricerca nella mostra Milano Up «Guardo una città che cambia - prosegue Hänninen -. Non mi interessa fare nessuna denuncia sociale o politica, faccio un lavoro di documentazione. Mi piace mostrare cose belle che il tempo sta distruggendo. La mia chiave stilistica è sempre la stessa: mi pongo a 5 metri circa di altezza (sopra la testa delle altre persone, ma non troppo in alto), e ho una visione seriale, nel senso che eseguo dei ritratti agli edifici che trovo o mi segnalano e ognuno diventa immagine e racconto di una storia, del suo passato e di cosa è diventato. Una sorta di testimonianza della sete di trasformazione mai totalmente soddisfatta della città, di tutte le città dell'Occidente se vuole.

Noi costruiamo il nuovo dimenticandoci il vecchio e la nostra stessa storia. Con le mie foto non fornisco mai una soluzione, resto anche io in bilico tra il passato certo e il futuro incognito, prendo atto che queste realtà esistono, che esiste un cambiamento».

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